I democratici al Senato hanno avviato un’indagine su una presunta contropartita offerta da Donald Trump ai dirigenti dei combustibili fossili. Durante un incontro nella sua casa a Mar-a-Lago, Florida, l’ex presidente avrebbe detto ai boss del settore petrolifero che, se fosse stato eletto, avrebbe immediatamente annullato decine di regolamenti ambientali, in cambio di un contributo da un miliardo di dollari per sua campagna presidenziale.
Secondo quanto riferito dagli esperti, si tratterebbe di un “affare” per i dirigenti a causa dei costi che potrebbero evitare qualora il tycoon dovesse tornare alla Casa Bianca. Il presunto accordo ha messo sul chi va là i democratici: giovedì mattina, i presidenti di due commissioni del Senato hanno inviato lettere a otto compagnie petrolifere e al principale gruppo commerciale dei combustibili fossili, l’American Petroleum Institute.
Sheldon Whitehouse, presidente della commissione Bilancio del Senato, e Ron Wyden, presidente della commissione Finanze del Senato, accusano le compagnie di aver intrapreso un accordo “quid pro quo” con il tycoon e chiedono ulteriori dettagli sull’incontro.
“Mentre il signor Trump incanala i soldi della campagna elettorale nelle sue aziende e li usa come fondo cassa per pagare le sue spese legali, Big Oil ha fatto pressioni aggressive per proteggere ed espandere i suoi profitti a spese del contribuente americano”, hanno scritto i senatori, “E ora, forti dell’impunità, il signor Trump e le Big Oil ostentano la loro indifferenza per il benessere economico dei cittadini statunitensi”.
Andrea Woods, portavoce dell’American Petroleum Institute, ha dichiarato che l’indagine è una “trovata dell’anno elettorale per distrarre l’America dal bisogno di avere più energia, più petrolio e gas naturale, per alimentare la nostra economia e combattere la persistente inflazione”. Woods ha inoltre aggiunto: “L’API incontra i candidati e i politici per discutere della necessità di politiche energetiche sane, e questo incontro non è stato diverso dagli altri”.
La scorsa settimana, Jamie Raskin, che presiede la commissione di supervisione della Camera, ha avviato un’indagine sulle aziende, in merito alla presunta offerta di Mar-a-Lago. Ma a differenza di Whitehouse e Wyden, Raskin non ha il potere di citare in giudizio le compagnie, perché i repubblicani controllano la Camera dei Rappresentanti.
Nel frattempo, Trump sta continuando a chiedere ai grandi petrolieri di finanziare la sua campagna elettorale, nonostante i suoi rapporti con l’industria dei combustibili fossili siano finiti sotto la luce dei riflettori. Mercoledì, il tycoon ha partecipato a un pranzo per la raccolta di fondi ospitato da tre potenti leader del settore, in un hotel a cinque stelle di Houston. Un incontro che ha suscitato diverse polemiche soprattutto tra gli ambientalisti, che puntano il dito contro le compagnie in questione, ritenute le principali colpevoli della crisi climatica.
“Donald Trump ci sta dicendo chi è, ancora una volta”, ha detto Pete Maysmith, vicepresidente senior dell’associazione ambientalista League of Conservation Voters, “Ha già chiesto ai dirigenti del settore petrolifero un miliardo di dollari per la sua campagna elettorale. Possiamo solo supporre che l’incontro di questa settimana serva a contrattare esattamente ciò che otterranno in cambio”.