Costretto per 13 minuti a pancia in giù, con le mani dietro la schiena legate ai piedi con una cintura di nylon. Così sarebbe stato immobilizzato il 25enne italiano Matteo Falcinelli, lo studente spoletino della Florida International University barbaramente arrestato dagli agenti della polizia di Miami nella notte tra il 24 e il 25 febbraio.
In italiano la tecnica è nota come “incaprettamento“, terminologia che – ovini a parte – richiama soprattutto le macabre punizioni mafiose contro i traditori (in quel caso, si passava la corda attorno al collo della vittima in modo da essere sicuri che questa soffocasse).
Negli Stati Uniti l’espressione giusta è invece “hog-tie”. Anche in questo caso la derivazione è animale e attiene al modo in cui gli allevatori incatenavano i maiali (hogs) prima di ucciderli. Per ridurne l’icasticità, le forze dell’ordine preferiscono tuttavia impiegare termini più tecnici, come “contenzione massima prona” o “contenzione a quattro punte”.
Perifrasi a parte, quella dell’incaprettamento è una delle più controverse tecniche di arresto e immobilizzazione da parte dei tutori dell’ordine, tanto da venire considerata a più parti come un autentico metodo di tortura.
Già nel 1995 il Dipartimento di Giustizia USA aveva lanciato un avvertimento per scoraggiarne l’uso a causa della possibilità che le vittime morissero per asfissia posizionale. Negli ultimi quattro anni, poi, complice il decesso per soffocamento dell’afroamericano George Floyd a Minneapolis nel 2020, diversi Stati USA hanno approvato in fretta e furia modifiche alle regole d’ingaggio di polizia e chiedendo massima cautela nell’incaprettare – senza tuttavia vietarlo del tutto.
Gli unici due Stati ad aver messo completamente fuorilegge l’hog-tying sono stati invece la California, nel 2021, e più recentemente lo Stato di Washington, che ha approvato un divieto analogo lo scorso marzo – quattro anni dopo la morte per asfissia ai danni del 33enne Manuel Ellis (anche lui afroamericano).
Molte forze dell’ordine ne hanno autonomamente bandito l’uso, come nel caso di New York e Los Angeles. Altre invece continuano a utilizzarlo. Tra queste proprio la polizia di Miami responsabile dei maltrattamenti sul giovane italiano.
Sulla vicenda è intervenuta anche Amnesty International: “Immobilizzare per lungo tempo, mediante una tecnica che causa intenso dolore, una persona che evidentemente in quel momento non può costituire alcuna minaccia, è un trattamento illegale, che non trova alcuna giustificazione di sicurezza”, ha scritto in un tweet Riccardo Noury, portavoce della sezione italiana della ONG.
Secondo la NBC, negli ultimi 14 anni almeno una ventina di persone avrebbero perso la vita negli Stati Uniti a causa dei brutali metodi di immobilizzazione della polizia. Dei 23 decessi calcolati fino al 2021, il più eclatante è stato proprio quello di Floyd, soffocato sotto le ginocchia dell’agente di polizia di Minneapolis Derek Chauvin nel maggio 2020 e scintilla del movimento #BlackLivesMatter.