Trump sarà processato per il suo ruolo sul tentativo insurrezionale del 6 gennaio o, invece, l’immunità che godeva quando era presidente degli Stati Uniti lo ripara dalle accuse?
La domanda è stata posta questa mattina ai magistrati della Corte Suprema federale dagli avvocati dell’ex presidente e da quelli dello Special Counselor Jack Smith. Il dibattito è durato quasi tre ore. Per ora pesa l’incertezza sulla decisione che i magistrati emetteranno, ma qualunque sarà il loro parere si tratta di una mezza vittoria per il tycoon che vede ritardata ulteriormente la data d’inizio del processo.
I nove giudici della massima Corte di giustizia hanno ascoltato la richiesta dell’avvocato di Trump, John Sauer, che ha affermato che l’ex inquilino della Casa Bianca, quando venne preparato e lanciato l’assalto al Congresso il 6 gennaio 2021, era ancora in carica e proprio per il suo ruolo di capo dell’esecutivo è immune dalle accuse che gli sono state avanzate dal procuratore speciale Smith. L’avvocato Sauer ha detto pure che la sentenza del 1982 sull’immunità per la responsabilità civile concessa all’ex presidente Richard Nixon deve essere estesa a quella penale.
“Nessuno è al di sopra della legge”, ha risposto Michael Dreeben, il rappresentante del procuratore speciale Smith, secondo cui se un presidente fosse totalmente immune potrebbe anche ordinare di uccidere un oppositore politico senza essere perseguito. Inoltre, ha osservato, la grazia concessa a Nixon per il Watergate dopo che aveva lasciato l’incarico è la prova che i precedenti presidenti erano consapevoli di essere esposti alle accuse penali.
L’ago della bilancia è determinare se le azioni di Trump siano state “private” o “ufficiali” per stabilire, come afferma lo stesso tycoon, che il suo tentativo per ribaltare le elezioni del 2020, che lui riteneva di aver vinto, sia parte dei suoi doveri ufficiali come presidente – e quindi soggetto all’immunità dai procedimenti giudiziari.
Una tesi che non sembra abbia fatto breccia tra i magistrati i quali però sembrano anche riluttanti a concedere tutto il potere decisionale al consigliere speciale Smith per portare avanti tali accuse.
Quasi tutte le domande dei magistrati si sono incentrate su questa distinzione.
L’avvocato Sauer ha ammesso che molte delle accuse riguardano atti privati, compresa la telefonata di Trump al segretario di Stato della Georgia, Brad Raffensperger, contattato per trovare i voti necessari all’ex presidente per vincere nel “Peach State”. Il procuratore speciale Smith ha sostenuto che, solo per questa ammissione da parte di Sauer, si dovrebbe avviare immediatamente il processo che è rimasto impantanato nel ginepraio dei ricorsi presentati dai legali di Trump.
L’impressione è che la maggior parte dei giudici della Corte Suprema non sia disposta ad annullare il caso del procuratore speciale Smith e probabilmente rimanderanno ai tribunali di grado inferiore la decisione di stabilire se la preparazione del complotto per impedire il passaggio pacifico dei poteri a Biden sia stato un atto “privato” o “ufficiale”.
Qualunque cosa i magistrati decideranno non solo allungherà i tempi, ma mette anche a rischio il processo federale per i dossier top-secret che Trump aveva nascosto a Mar-a-Lago e quello statale per il tentato ribaltamento del voto in Georgia con i falsi elettori.
A questo proposito proprio ieri sia in Michigan che in Arizona sono stati rinviati a giudizio l’ex chief of staff di Trump, Mark Meadows, e il suo ex avvocato, Rudy Giuliani. Il tycoon, invece, è nominato co-cospiratore non incriminato.
Trump questa mattina era in aula nel tribunale di Manhattan per riprendere il processo in cui è imputato per aver pagato una pornostar per non divulgare le sue escapade sessuali a pochi giorni dalle elezioni nel 2016. Ha tenuto il suo solito comizio prima di entrare in aula: “Se non c’è l’immunità non riuscirai a fare nulla, nessun presidente prenderà iniziative. Il capo della Casa Bianca avrà un ruolo cerimoniale”.
Ora c’è solo da attenedere la decisione dei magistrati della Corte Suprema.