Il secondo giorno del processo in cui è imputato Donald Trump è cominciato con i pubblici ministeri che hanno chiesto al giudice Juan Merchan di ritenere l’ex presidente in violazione alla “gag order, l’ordine del silenzio, per aver attaccato, insultato e minacciato testimoni e giurati, affermando che le sue dichiarazioni rappresentano una “minaccia” per il processo.
I pubblici ministeri hanno affermato che Trump ha violato 11 volte questa ingiunzione del magistrato, sia nelle sue dichiarazioni che ripubblicando citazioni e articoli sui social media, sostenendo che con i suoi infiammati insulti rischiava di incitare alla violenza o alle molestie. Trump ha diretto molti dei suoi attacchi contro un testimone chiave, Michael D. Cohen, il suo ex avvocato-faccendiere, così come contro la porno star Stormy Daniels.
I pubblici ministeri avevano chiesto al giudice Merchan di multare Trump di 1.000 dollari per ogni violazione, e il pubblico ministero Christopher Conroy ha detto che non avrebbero chiesto di punire con il carcere Trump, anche se credeva che questo fosse ciò che l’ex presidente aspira.
L’avvocato di Trump, Todd Blanche, ha sostenuto che i post di Trump sono di natura politica e non violavano l’ordine perché stavano semplicemente rispondendo a “una raffica di attacchi politici” da parte di Cohen e altri. Dichiarazioni che hanno irritato il magistrato che lo ha zittito dicendogli che con le sue scuse “Stava perdendo ogni credibilità davanti alla corte”. Prole di fuoco dette da un giudice ad un avvocato difensore che si arrampica sugli specchi per cercaare di difendere un cliente che non è capace o non vuole rispettare le direttive del magistrato.
Il giudice Juan Merchan si è riservato di decidere.
Merchan quindi ha ripreso il processo con la deposizione di David Pecker, l’ex amico-editore di Trump diventato un super testimone dell’accusa dopo che ha ottenuto l’immunità in cambio della sua collaborazione. Una testimonianza devastante che ha fatto luce sulla strumentalizzazione dei media usata da Trump per cercare di distruggere i suoi avversari politici.
Pecker è stato determinante nel piano per pagare il silenzio alla pornostar Stormy Daniels per nascondere la sua presunta relazione con Trump prima delle elezioni del 2016.
Quando era presidente e amministratore delegato di American Media Inc., Pecker fu coinvolto in numerosi schemi “catch-and-kill” orchestrati per conto di Trump. Nell’ottobre 2016, un agente della Daniels contattò America Media Inc. affermando che la sua cliente era pronta a rendere pubbliche le sue accuse di una relazione con Trump. Dopo questa telefonata Pecker si mise in contatto con l’avvocato personale di Trump, Michael Cohen, che ha negoziato l’accordo per “acquistare il suo silenzio” per 130.000 dollari. Quel pagamento di 130.000 dollari, rimborsato a Cohen dalla Trump Organization, è al centro della vicenda. La procura Distrettuale di Manhattan ha incriminato Trump per la “falsificazione dei documenti aziendali al fine di nascondere informazioni dannose e attività illegali agli elettori americani prima e dopo le elezioni del 2016”.
In un’altra circostanza, l’American Media Inc ha accettato di dare alla modella e attrice Karen McDougal 150 mila dollari alcuni mesi prima delle elezioni del 2016 sulla relazione che avrebbe avuto con Trump. Sebbene questo pagamento non faccia parte delle accuse contro l’ex presidente, i pubblici ministeri lo utilizzano per stabilire il sistema che Trump usava per non fa parlare le donne che lo accusavano. Ma non solo. Anche un ex portiere della Trump World Tower, Dino Sajudin, a conoscenza di una relazione tra l’ex presidente con una donna delle pulizie, dalla quale sarebbe nato un figlio, accettò 30 mila dollari dall’America Media Inc per raccontare in esclusiva la sua storia che poi non è mai stata pubblicata. Nel contratto vene stabilita una penale di un milione di dollari nel caso avesse rivelato questo accordo.
Pecker ha detto di essersi offerto nel 2015 di intercettare storie negative sul suo vecchio amico Donald Trump e di segnalare eventuali contatti di donne che avrebbero cercato di trarre profitto vendendo storie sull’allora candidato alla presidenza. Allo stesso tempo, Pecker ha detto che avrebbe continuato a pubblicare articoli negativi sui suoi rivali politici, come quello sull’ex presidente Bill Clinton in modo che ciò potesse potenzialmente danneggiare la campagna di sua moglie Hillary nel 2016.
“Se il National Enquirer non avesse fatto questi accordi – ha detto Pecker – con le persone che accusavano Trump la sua possibilità di essere eletto sarebbe stata gravemente danneggiate”
“Michael Cohen si mise in contatto con me chiedendomi di pubblicare articoli che avrebbero danneggiato gli avversari politici di Trump”. “Mi mandava informazioni su Ted Cruz o su Ben Carson o Marco Rubio, e quella era la base della nostra storia, e poi noi al National Enquirer la abbellivamo un po'”.
A Pecker è stato chiesto di un articolo dell’Enquirer in cui si sosteneva che il padre del senatore repubblicano Ted Cruz, Rafael Cruz, era associato a Lee Harvey Oswald prima dell’assassinio del presidente John F. Kennedy nel 1963. Pecker ha affermato che l’ex capo redattore dell’Enquirer, Dylan Howard e un paio di redattori avevano redatto l’articolo. “Abbiamo mescolato le foto di Rafael Cruz e quella di Lee Harvard Oswald… abbiamo messo le due foto insieme”, ha testimoniato Pecker. “È così che la storia è stata preparata – creata, direi.”
Nel pieno delle primarie repubblicane del 2016, Trump ha fatto riferimento a quell’articolo dell’Enquirer per sostenere la sua storia del complotto, affermando che quanto sosteneva il National Enquirer con le fotografie era una prova del legame tra il padre del senatore Cruz e Lee Harvey Oswald.
In aula quindi sono stati mostrati esempi dei titoli usati per diffamare Carson, un medico chirurgo che aveva sfidato Trump nelle primarie repubblicane del 2016 e che in seguito è stato nominato nel suo gabinetto. “Il chirurgo pasticcione Ben Carson ha lasciato una spugna nel cervello del paziente” titolava il National Enquirer.
Pecker ha detto che gli articoli venivano inviati a Cohen che gli dava poi suggerimenti sulle eventuali modifiche da fare.
Alla domanda se sapesse se Cohen avesse mai condiviso quelle storie con Trump, Pecker ha detto: “Non lo ricordo, no”.
“In precedenza quello che avrei fatto era pubblicare storie positive su Trump e pubblicare storie negative sui suoi avversari”, ha aggiunto Pecker.
Pecker ha detto di essersi offerto di essere “gli occhi e le orecchie” della campagna di Trump, spiegando che sostenere Trump era un ottimo mezzo per aumentare la diffusione della rivista.
Pecker ha detto che Trump era molto popolare con i suoi reality show “The Apprentice” e “Celebrity Apprentice”, e il National Enquirer decise di fare un sondaggio tra i lettori chiedendo se Trump dovesse candidarsi alla presidenza. Pochi giorni dopo intervistato al “Today Show” Trump disse che stava prendendo in considerazione una sua candidatura alla Casa Bianca.
L’American Media Inc non è stata accusata penalmente ma ha ammesso di aver effettuato il pagamento alla McDougal. La società ha pagato una multa di 187.500 dollari alla Commissione elettorale federale per aver fornito un contributo elettorale illegale. A Pecker è stata concessa l’immunità in cambio della sua testimonianza e l’American Media Inc ha firmato un accordo di non perseguibilità con i pubblici ministeri.
Pecker ha testimoniato che Trump gli aveva detto che lui e Bannon avrebbero “lavorato molto bene insieme”, e Bannon ha poi chiesto se Pecker poteva inviargli altri numeri di Enquirer per dargli il suo parere.
Da qui è nata una lunga discussione in camera di consiglio con gli avvocati di Trump, i pubblici ministeri e il magistrato.
L’accusa ha accettato di non chiedere più a Pecker informazioni su Bannon, ma questo sembra essere un punto che continuerà a emergere. Alle 2:00 pm l’udienza si è conclusa. Si riprenderà giovedì.
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