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Lunedì a Manhattan al via il processo a Trump: il primo a un ex presidente USA

Ci saranno udienze tutti i giorni, tranne il mercoledì, per un paio di settimane. Vietate le telecamere in aula

Massimo JausbyMassimo Jaus

epa11242850 Former US President Donald Trump (L) appears with his lawyer Susan Necheles (R) for a pre-trial hearing in a hash money case in criminal court in New York City, New York, USA, 25 March 2024. ANSA/EPA/SPENCER PLATT / POOL

Time: 3 mins read

Lunedì inizia un processo penale che finirà sui libri di storia. Per la prima volta, infatti, un ex capo della Casa Bianca finisce sul banco degli imputati.

Un processo che ha tutti gli ingredienti per monopolizzare l’attenzione pubblica anche se le udienze non saranno riprese dai canali televisivi. Si parlerà di soldi, di sesso, di pressioni politiche. Verranno messi a nudo i vizi privati di un personaggio che con il culto della sua personalità è riuscito ad ammaliare l’America e a conquistare la Casa Bianca. L’imputato Donald Trump, candidato alle elezioni di novembre per cercare di tornare a Washington, ha questo primato.

Altri ex presidenti sono finiti sotto impeachment. Richard Nixon per non essere incriminato per le sue folli decisioni sul Watergate si dimise. Il democratico Andrew Johnson, uno fra i più corrotti che gli Stati Uniti abbiano mai avuto, messo sotto accusa per le sue collusioni con gli schiavisti del Sud con cui aveva organizzato l’allontanamento del segretario alla Guerra, Edwin Stanton, che dava la caccia ai killer del presidente Lincoln, venne salvato dai voti di altri senatori in odore di corruzione. Ulysses Grant venne arrestato, ubriaco, per le sue folli corse in calesse nelle strade di Washington. Venne multato e non subì un processo. Sarà quindi Donald Trump ad avere questo primato lunedì mattina alle 10 quando comparirà nell’aula della Criminal Court di Manhattan.

È stato incriminato con 34 capi d’accusa per aver falsificato le dichiarazioni finanziarie della sua società, la Trump Organization, in modo da occultare i pagamenti fatti a due donne, la pornostar Stormy Daniels e l’ex fotomodella di Playboy, Karen McDougal. Quest’ultime lo hanno incolpato di aver avuto una relazione con loro. “Pagamenti in nero, mimetizzati come spese legali, usati invece per comprare il loro silenzio a poche settimane dalle elezioni del 2016 e per questo ritenuti come contributi elettorali non dichiarati”, scrive il New York Times. Un reato dopo l’altro, commessi per coprire la stessa magagna che, nella legge penale, eleva una violazione, “misdemeanor”, a un crimine, “felony”.  Una differenza sostanziale, perché la violazione comporta una multa; un crimine, invece, la prigione.

New York State Supreme Courthouse – Credit: Beyond My Ken on wikipedia

Lunedì si inizierà con la selezione della giuria e si prevede che questa prima fase del procedimento durerà alcune settimane. Ci saranno udienze tutti i giorni tranne il mercoledì.

Un processo che attirerà un’enorme attenzione mediatica, considerando l’imputato e i testimoni che verranno chiamati, tra i quali Stormy Daniels, Karen McDougal, l’ex avvocato e “fixer” di Donald Trump, Michael Cohen e David Pecker, presidente della American Media Inc. Questa società, tra l’altro, è proprietaria del National Enquirer, la rivista scandalistica che “comprò” il salace racconto di McDougal per 150 mila dollari, rimborsati poi a Cohen. Il racconto dell’ex modella non è mai stato pubblicato.

Trump è convinto di avere tutto l’interesse per cercare di trasformare questo processo in un evento elettorale per continuare ad accusare Biden, il Dipartimento della Giustizia, i magistrati e gli inquirenti di aver lanciato una persecuzione giudiziaria dettata da motivazioni politiche. Un fatto che esalta e mobilita il suo elettorato che si associa nel denunciare l’accanimento giudiziario nei suoi confronti. Ma se da un lato lo zoccolo duro dei suoi elettori lo difende a spada tratta, i repubblicani moderati lo abbandonano. Per questo gli avvocati di Trump hanno tentato in tutti i modi di rinviare questo e gli altri processi a dopo le elezioni.

Nei giorni scorsi i suoi avvocati hanno presentato tre ricorsi alla Appellate Court, il primo grado per un appello, che sono stati prontamente respinti. “Credo che ormai siano a corto di argomenti legali e che l’unica cosa che potrebbe fermare il processo sarebbero motivi di salute di Trump”, ha dichiarato a Business Insider Barry Kamins, giudice della Corte Suprema di New York ora a riposo, sottolineando che questa è un’opzione da “valutare molto attentamente”. Anche perché Trump, che ha 77 anni, vuole apparire più giovane e più in salute dell’81enne Joe Biden che attacca costantemente per l’età avanzata.

Se i giurati lo dovessero riconoscere colpevole per tutti i capi di imputazione, Trump, si troverà ad avere la pena comminata da un magistrato che nelle ultime settimane ha ripetutamente insultato. Una politica poco saggia, come si è visto nel precedente processo in cui è stato riconosciuto colpevole di aver gonfiato il valore delle sue proprietà immobiliari, insultando il magistrato Arthur Engoron e i suoi assistenti che, alla fine, lo ha condannato alla supermulta di 465 milioni di dollari.

Avvocati penalisti e magistrati intervistati da Usa Today escludono che per l’ex presidente si apriranno le porte de carcere. Bisogna però ricordare che a decidere la pena, in caso di condanna, sarà proprio Merchan, che Trump ha bersagliato di insulti, attaccando anche la figlia, una consulente politica democratica che in un post l’ex presidente ha definito “una rabbiosa odiatrice di Trump”. Dopo questo attacco, il giudice ha rafforzato l’ordine del silenzio per il tycoon, vietandogli anche i commenti ai familiari delle persone coinvolte nel processo.

Ed ora in questo scenario lunedì si alzerà il sipario. Peccato che il processo non venga trasmesso in diretta tv! Sarebbe un successo immediato.

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Massimo Jaus

Massimo Jaus

Massimo Jaus, romano e tifoso giallorosso. Negli Stati Uniti dal 1972. Giornalista professionista dal 1974. Vicedirettore del quotidiano America Oggi dal 1989 al 2014. Direttore di Radio ICN dal 2008 al 2014. È stato corrispondente da New York del Mattino di Napoli e dell’agenzia Aga. Massimo Jaus. Originally from Rome and a Giallorossi fan. In the United State since 1972. A professional journalist since 1974. Deputy Editor of the daily paper America Oggi from 1989 to 2014. Has been New York correspondent for Naples' "il Mattino" and for Agenzia Aga.

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