Doppia legnata in tribunale per Donald Trump. Ad Atlanta il magistrato Scott McAfee ha stabilito che le bugie elettorali dell’ex presidente non sono protette dal Primo Emendamento. In Florida il giudice federale Aileen Cannon ha rigettato la richiesta degli avvocati del tycoon che chiedevano l’annullamento del processo perché secondo loro Trump avrebbe avuto la facoltà di declassificare le carte che si era portato via dalla Casa Bianca.
E a New York mancano i documenti che garantiscono la liquidità per la società che ha concesso i 175 milioni del deposito cautelativo all’ex presidente per evitare il sequestro dei suoi beni.
In Georgia, l’ex presidente è stato incriminato insieme ad altre 18 persone per i tentativi di ribaltare il risultato elettorale nello Stato alle elezioni presidenziali del 2020. Ad Atlanta il giudice Scott McAfee ha respinto la tesi avanzata dagli avvocati del tycoon secondo i quali Trump poteva essere sollevato dalle accuse di associazione a delinquere protetto dal Primo Emendamento poiché le sue bugie elettorali sarebbero dovute essere considerate un discorso politico.
Il magistrato ha invece decretato che sono parte integrante di un atto criminale – e che spetterà ai giurati stabilire se sia stato commesso un reato. “Le accuse secondo cui il discorso o la condotta degli imputati sono stati portati avanti con intenti criminali sono qualcosa che solo una giuria può risolvere”, ha affermato McAfee. Ha inoltre dichiarato che solo la commissione dovrà decidere se l’ex presidente e gli altri imputati hanno agito “intenzionalmente” e “consapevolmente” per infrangere la legge.

Il caso della Georgia è uno dei quattro processi penali pendenti contro Trump. Gli avvocati dell’ex presidente nelle settimane scorse avevano cercato di rimuovere dal caso la procuratrice distrettuale della contea di Fulton, Fani Willis, a causa della sua relazione con un altro pubblico ministero, ma solo il procuratore speciale Nathan Wade ha dovuto dimettersi.
Trump e 18 coimputati sono stati accusati di associazione a delinquere per aver creato una organizzazione criminale in cui gli incriminati agivano di concerto, ma con ruoli differenti, con lo scopo di ribaltare il risultato delle elezioni del 2020. Quattro dei coimputati si sono dichiarati colpevoli e gli altri attendono il processo.
L’accusa sostiene che Rudy Giuliani, Ray Smith e Bob Cheeley “hanno consapevolmente e volontariamente rilasciato false dichiarazioni” sulla frode elettorale ai legislatori statali.
L’accusa sostiene inoltre che la campagna di Trump ha reclutato gli iscritti al suo partito – tre dei quali sono accusati nel caso – per presentare documenti falsi fingendosi Grandi Elettori repubblicani nonostante il presidente Joe Biden avesse vinto lo Stato.
E l’accusa sostiene che Donald Trump e John Eastman hanno cospirato per depositare atti falsi in una causa federale che contestava i risultati elettorali.
I pubblici ministeri hanno sostenuto che le dichiarazioni non veritiere di Trump sui brogli elettorali erano parte della cospirazione finalizzata per convincere i funzionari governativi ad accettare e presentare documenti falsi e contraffatti e impersonare funzionari pubblici. L’ex presidente aveva chiesto al segretario di Stato della Georgia, Brad Raffensperger, un collega repubblicano, di “trovare” i voti di cui avrebbe avuto bisogno per aggiudicarsi la vittoria.
“Non si tratta solo del fatto che Donald Trump ha mentito ripetutamente”, ha detto il pubblico ministero Donald Wakeford. “Ma anche che le bugie sono state usate come parte integrante del tentativo criminale per ribaltare il risultato elettorale”.

Ma non è stata solo questa la cattiva notizia del giorno che ha colpito Trump.
La giudice federale Aileen Cannon ha respinto le argomentazioni degli avvocati di Trump di archiviare il caso affermando che l’accusa non fa “nessun riferimento al Presidential Records Act, né si basano su tale statuto allo scopo di dichiarare un reato”.
Cannon ha anche difeso un’ordinanza del mese scorso che chiedeva agli avvocati di entrambe le parti di formulare potenziali istruzioni per la giuria e di rispondere a due diversi scenari in cui sembrava intrattenere la discussione sui documenti presidenziali di Trump. L’ordinanza ha suscitato un duro rimprovero da parte del team di Smith, che in una dichiarazione di questa settimana ha definito le premesse da lei esposte “fondamentalmente errate”.
La sentenza di oggi è la seconda in cui il giudice ha respinto la richiesta degli avvocati di Trump di annullare l’incriminazione.
Infine, quando lunedì l’ex presidente aveva presentato il deposito cautelativo da 175 milioni di dollari a New York era riuscito a sospendere l’esecuzione della sentenza in cui era stato condannato a pagare oltre 460 milioni di dollari, poi ridotti, in seguito alla condanna per frode concedendogli la facoltà di fare appello alla sentenza.
Ma nel deposito cautelativo manca la documentazione sul fornitore del certificato di credito, Knight Specialty Insurance Company, accompagnato dal rendiconto finanziario della società e un certificato di qualificazione del Dipartimento dei servizi finanziari dello Stato di New York.
L’Attorney General Letitia James ha detto di essere molto perplessa da questa vicenda affermando che il deposito cautelativo è stato emesso da una società che non è ammessa nella Grande Mela e non dispone del certificato di qualificazione richiesto dalla Sezione 1111 della legge sulle assicurazioni dello Stato di New York.
Gli avvocati di Trump hanno quindi depositato nuovamente i documenti, ma James afferma che è ancora incompleto e il suo ufficio ha chiesto alla Knight Specialty Insurance Company (KSIC) di dimostrare che, se fosse necessario, la società ha la liquidità per pagare. Amit Shah, chief executive del gruppo che controlla l’azienda, ha detto di aver emesso l’obbligazione tramite la Excess Line Association di New York, un’organizzazione no-profit creata in città che funge da facilitatore tra il broker e le autorità regolatorie. Se l’accordo tra Trump e la Knight Specialty Insurance Company dovesse fallire si procederà al sequestro dei suoi beni.