“Mad”, tradotto in italiano vuole dire arrabbiato, furioso, demente, pazzo, folle. MAD è una sigla che dopo molti anni è saltata fuori ieri in cima a un articolo pubblicato sul quotidiano israeliano Haaretz, firmato da Yossi Melman, grande conoscitore dei servizi segreti di Tel Aviv. MAD sta per Mutual assured destruction, ossia: Distruzione mutua assicurata. Il termine risale ai tempi della guerra fredda quando Usa e Urss si fronteggiavano con enormi arsenali nucleari e per fortuna, non furono mai usati. Hezbollah, il movimento-partito sciita filo-iraniano in Libano ha stipato negli ultimi anni qualcosa come 150,000 ordigni, forse anche di più – missili, razzi di precisione, obici di ogni tipo – pronti alla guerra e capaci di seminare distruzione e morte ovunque in Israele.
Compresa Tel Aviv, gli impianti nucleari di Dimona e fino a Eilat, la cittadina turistica sul mar Rosso. Israele possiede un’arsenale ricco e potente e una aviazione che, ha dimostrato in passato e dimostra in continuazione, può arrivare ovunque nel paese confinante e anche altrove. Una guerra vera, dunque, sarebbe pazzesco nel senso di MAD. Israele distruggerebbe Beirut e il Libano; Hezbollah, Tel Aviv e molti altri centri abitati. Proprio per limitare i danni interni, fa capire Melman, il governo d’Israele e il suo apparato militare al posto di scegliere la guerra tradizionale, potrebbero decidere per una azione veloce, altamente distruttiva, attingendo al proprio arsenale nucleare.
Lo fa capire chiaramente il collega ma come giornalista israeliano deve sottostare alle regole della censura e non parlare dell’arsenale nucleare del suo paese. Israele non ha mai riconosciuto di avere armi nucleari. E non ha aderito al trattato di non proliferazione nucleare. Nel novembre scorso, però, il ministro Amihai Eliyahu disse apertamente che l’uso delle armi nucleari era “una delle possibilità” quando discuteva delle opzioni di Israele nell’azione militare in corso nella Striscia di Gaza. Fu subito sospeso dal governo.
Secondo spie e analisti (spesso gli stessi), Tel Aviv ha da anni ha sviluppato armi tattiche nucleari capaci di uccidere e distruggere limitando il fall-out. Parlano pezzi di artiglieria semoventi da 175 mm e 203 mm, in grado di sparare proiettili nucleari e di tre battaglioni di artiglieria da 175 mm, con almeno 108 proiettili nucleari. Altri strumenti di morte nucleare sarebbero sempre caricati su sommergibili, forse bombardieri in volo o pronti al decollo. Il dibattito sui rischi e probabilità di un allargamento del conflitto nel nord va avanti dal 7 ottobre e il momento è delicato, pieno di incertezze mentre si continua a negoziare per il rilascio degli ostaggi e dei prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane.

Netanyahu ieri ha sventolato un suo progetto per il futuro di Gaza ma fa capire di non sapere quando comincia il futuro e comunque, quel futuro, più che prendere in considerazione uno stato palestinese accanto a Israele disegna un piano per eliminare per sempre la possibile condivisione del territorio che dalle rive del Mediterraneo va al fiume Giordano. Il premier vuole anche la chiusura permanente dell’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, l’UNRWA, e la creazione di un nuovo organismo internazionale. “La ricostruzione di Gaza – ha spiegato – sarà possibile solo una volta che la Striscia sarà stata smilitarizzata e una volta iniziato un processo di de-radicalizzazione. Il piano di riabilitazione sarà realizzato con finanziamenti da e sotto la guida di paesi approvati da Israele”.
A medio termine, secondo il piano, Israele manterrà le sue forze armate a Gaza, e istituirà una zona cuscinetto lungo il confine. Tutto, ha detto, in collaborazione con gli Stati Uniti. Il piano per il dopo-guerra prevede che Israele manterrà anche il controllo di sicurezza sulla Cisgiordania, la chiusura permanente dell’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, dell’UNRWA e l’istituzione di un nuovo organismo internazionale. “La ricostruzione di Gaza – ha detto Netanyahu – sarà possibile solo una volta che la Striscia sarà stata smilitarizzata e una volta iniziato un processo di deradicalizzazione. Il piano di riabilitazione sarà realizzato con finanziamenti da e sotto la guida di paesi approvati da Israele”.
Per il ministero degli Esteri palestinese, il piano israeliano è “una dichiarazione formale del ritorno dell’occupazione nella Striscia di Gaza e un tentativo di guadagnare più tempo per attuare il piano di espulsione dei palestinesi”. Sembra dello stesso parere anche l’ex premier Ehud Olmert. Sollecita nuove elezioni e parla del duo di estrema destra Itamar Ben-Gvir, ministro della Sicurezza Nazionale e Bezalel Smotrich, ministro delle Finanze. “Nuovi insediamenti a Gaza non sono l’obiettivo finale del gruppo di allucinatori messianici che ha preso il potere nello stato di Israele. Gaza è solo il capitolo introduttivo
L’obiettivo finale di questa banda è “purgare” la Cisgiordania dai suoi abitanti palestinesi, “pulire” il Monte del Tempio dei suoi fedeli musulmani e annettere i territori allo stato di Israele. Il modo per raggiungere questo obiettivo è intriso di sangue. Sangue israeliano, nello stato e nei territori che controlla da 57 anni, così come il sangue ebraico in altri luoghi del mondo. Così come un sacco di sangue palestinese, naturalmente, nei territori, a Gerusalemme e se non c’è alternativa – anche tra i cittadini arabi di Israele”.
E aggiunge “Questo obiettivo non sarà raggiunto senza un ampio conflitto violento. Armageddon. Guerra a tutto tondo. A sud, a Gerusalemme, nei territori della Cisgiordania e …anche al confine settentrionale. Una tale guerra rafforzerà l’impressione che stiamo combattendo per la nostra vita, per la nostra stessa esistenza”.