Non era un informatore che si prendeva gioco dell’FBI spillando dollari all’agenzia federale per dare false informazioni su Joe e Hunter Biden, ma uno 007 di Mosca abilmente manovrato dallo spionaggio russo.
Alexander Smirnov, incriminato nei giorni scorsi con l’accusa di aver inventato il piano che legava il presidente Joe Biden e suo figlio Hunter a una storia di corruzione con la società energetica ucraina Burisma, ha confessato di essere stato aiutato a preparare il piano dai servizi segreti di Mosca per fare le false rivelazioni. Secondo l’accusa, Smirnov ha cercato di abbindolare gli agenti dell’FBI dando documenti della società energetica ucraina che erano stati contraffatti. La vicenda è venuta a galla dopo che è stato depositato l’atto formale dell’incriminazione. A pagina 16, infatti, Smirnov afferma di essere stato istruito dai servizi segreti russi con cui ha avuto “contatti estesi e recenti” per cercare di incastrare Joe e Hunter Biden con le accuse di corrizione.
Smirnov era stato arrestato nei giorni scorsi all’aeroporto di Las Vegas dopo il suo arrivo dall’estero. Inizialmente era stato accusato di aver mentito e manipolato le prove quando ha testimoniato davanti al grand jury di Los Angeles, su richiesta del procuratore speciale David Weiss, che aveva avviato l’inchiesta cominciata inizialmente sotto l’amministrazione Trump per continuarla poi con Biden. Smirnov era un informatore pagato dall’FBI per dare informazioni su alcune società americane che svolgevano attività in Ucraina e che erano in qualche modo legate a Paul Manafort, l’ex campaign manager di Trump pagato da Viktor Yanukovych, l’ex premier di Kiev, per bloccare l’ingresso del suo Paese nella Nato. Manafort, come è noto, finì in prigione dopo che Robert Muller, allora Special Prosecutor per le interferenze di Mosca sulle elezioni del 2016, aprì l’inchiesta.
Secondo l’accusa, nel 2020 Smirnov aveva inventato due incontri del 2015 o 2016 in cui dirigenti della Burisma gli avrebbero detto di aver assunto Hunter Biden per “proteggerci, attraverso suo padre, da ogni tipo di problema”. L’ex informatore russo aveva pure affermato che i dirigenti della società ucraina gli avevano raccontato in confidenza che avevano dato 5 milioni di dollari ciascuno a Joe e Hunter Biden quando il primo era vicepresidente affinché suo figlio “si prendesse cura di tutte quelle questioni attraverso suo padre”: un riferimento a un’indagine penale sulla compagnia energetica dell’allora procuratore generale ucraino, che poi venne sostituito su richiesta dello stesso Joe Biden per un’altra vicenda di corruzione.
I rapporti tra i Biden e Burisma sono stati a lungo al centro di accuse e sospetti, alimentati da Donald Trump e dai suoi alleati, e finiti al centro dell’inchiesta di impeachment lanciata a dicembre 2023 alla Camera.
L’arresto dell’ex informatore costituisce una dura sconfitta per i repubblicani che hanno costruito un castello di accuse per cercare di mettere sotto impeachment il capo della Casa Bianca. Accuse che ora si sono rivelate manipolazioni dello spionaggio russo.
L’avvocato di Hunter Biden, Abe Lowell, ha dichiarato che è stato dimostrato come i “repubblicani abbiano costruito i loro complotti su Hunter e la sua famiglia su bugie di persone con obiettivi politici, non sui fatti”.
Analogo il commento di Jamie Raskin, capogruppo democratico della commissione di vigilanza della Camera, che ha detto che i tentativi dei repubblicani di arrivare all’impeachment di Biden sono “basati su bugie” e ha chiesto alla Camera di bloccare l’inchiesta.