Il monito degli americani questa volta è netto. La Casa Bianca non sosterrà più il premier israeliano Netanyahu nel caso in cui decidesse di attaccare Rafah, la regione a sud di Gaza dove sono raccolte decine di migliaia di sfollati palestinesi, perché provocherebbe una catastrofe umanitaria.
Ancora più taglienti le parole del Segretario di Stato Blinken, che incontrando i rappresentanti arabi ha dichiarato: “Il 7 ottobre gli israeliani, e da allora anche quelli trattenuti in ostaggio, sono stati disumanizzati nel peggiore dei modi. Ma questo non dà loro il permesso di disumanizzare gli altri popoli”.
Blinken in questi giorni è impegnato in una lotta contro il tempo nei Paesi arabi. Atterrato il 5 febbraio a Riad, in Arabia Saudita, si è poi spostato in Qatar, Egitto, Cisgiordania e Israele, dove ha incontrato il premier Netanyahu.
Il dialogo fra il Segretario di Stato e i rappresentanti israeliani si è concentrato sul numero di vittime che questo conflitto sta causando: più di 27.000 palestinesi e oltre 1.500 israeliane. “Queste operazioni militari continuano a mietere troppe vite di civili innocenti. La maggioranza delle persone a Gaza non ha niente a che fare con quello che è successo il 7 ottobre”, ha ribadito Blinken, chiarendo che gli Stati Uniti sarebbero pronti a supportare la creazione di un nuovo Stato palestinese.
Al Palazzo di Vetro, dopo aver lanciato l’allarme al Consiglio di Sicurezza la settimana scorsa, anche il Segretario Generale Antonio Guterres si è agganciato alla linea americana nel tentativo di convincere Israele a fermarsi. “Gli Stati Uniti giocano un ruolo fondamentale in questo momento – ha detto Guterres – oltre alle negoziazioni in corso, potrebbero riuscire a far tornare Netanyahu sui suoi passi e riconsiderare le sue posizioni”.