La decisione sul processo per frode da 370 milioni di dollari a carico di Donald Trump avverrà entro la metà di febbraio, secondo quanto comunicato giovedì da un funzionario del tribunale di New York.
Arthur Engoron, il giudice assegnato al caso, aveva inizialmente dichiarato di volersi esprimere entro il 31 gennaio – non essendo tuttavia riuscito a tenere fede alla promessa. Il motivo sarebbe una lettera inviata il 26 gennaio dalla giudice federale in pensione Barbara Jones, incaricata dal tribunale newyorkese di scandagliare i documenti finanziari della Trump Organization.
La magistrata ha comunicato a Engoron “alcune carenze nelle informazioni finanziarie che ho esaminato, tra cui informazioni incomplete, che presentano risultati incoerenti e/o che contengono errori”. Jones ha inoltre espresso preoccupazione per un prestito di 48 milioni di dollari che Trump ha ottenuto nel 2012 da una società collegata al suo grattacielo di Chicago – e che egli avrebbe catalogato come passività per diversi anni nel suo rendiconto finanziario, nonostante la mancanza di un accordo formale di prestito. Eppure, la Trump Organization ha dichiarato che “questo prestito non è mai esistito”.
In una decisione preliminare dello fine settembre, Engoron aveva già ritenuto Trump colpevole di frode per aver dolosamente sovrastimato il valore del suo patrimonio onde ottenere condizioni assicurative più vantaggiose. Il verdetto è stato sospeso in attesa del riesame da parte di una corte d’appello.
L’ufficio del procuratore generale di New York chiede un risarcimento di 370 milioni di dollari e il divieto per Trump di condurre affari nello Stato – una mossa che potrebbe far crollare l’impero dell’ex presidente.
Gli avvocati di Trump hanno sollevato questioni costituzionali durante l’arringa finale del processo, facendo presagire che, se dovesse essere necessario, porteranno quasi sicuramente la questione fino alla Corte Suprema degli Stati Uniti.