Negli ultimi dieci anni, Taiwan è diventata una parte indispensabile della catena di fornitura globale dei microchip, utilizzati dappertutto, dalle auto elettriche agli smartphone. Il dominio sulla produzione dei chip avanzati è legato ad un nome TSMC, Taiwan Semiconductor Manufacturing Company, la più grande azienda di produzione di chip al mondo e uno dei pochi attori globali in grado di produrre microchip avanzati (7 nanometri o più piccoli) su larga scala.
Fondata nel 1987, TSMC produce i principali processori degli iPhone Apple, i chipset mobili Qualcomm e i processori realizzati da Advanced Micro Devices. È anche il principale produttore di chip di intelligenza artificiale per Nvidia, leader nel mercato delle unità di elaborazione grafica (GPU), utilizzate per applicazioni di Intelligenza Artificiale. TSMC è uno dei “clienti chiave” del fornitore olandese di stampa di microchip ASML, le cui macchine da stampa sono diventate oggetto di una guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina poiché, l’amministrazione Trump prima e quella Biden dopo, hanno vietato alla società europea di considerare Pechino nella lista dei possibili clienti. Gli Stati Uniti vogliono conservare il primato dell’industria informatica, ma la Cina, in poco meno di 15 anni potrebbe raggiungere una totale autonomia sia dalle aziende Usa che da quelle europee.
Nell’agosto 2022, il presidente Joe Biden ha firmato il CHIPS and Science Act per promuovere la produzione statunitense di chip avanzati, con incentivi e sgravi che hanno convinto anche TSMC ad investire 40 miliardi di dollari in una fabbrica in Arizona, che diventerà operativa nel 2025. Accanto agli incentivi, la Casa Bianca ha anche introdotto ampi controlli sulle esportazioni volti a limitare la capacità di Pechino di acquistare o costruire i processori per computer più sofisticati.
Per anni, i semiconduttori sono stati al centro dell’economia globale, e soprattutto in Cina, dove le importazioni di chip superano le importazioni di petrolio. Microchip di varia complessità sono onnipresenti nei dispositivi di uso quotidiano, ma quelli messi sotto vigilanza dagli Usa sono fondamentali per l’espansione del supercalcolo e dell’intelligenza artificiale all’avanguardia, oltre che dei sistemi d’arma e degli apparati di sorveglianza cinesi. Biden ha anche bloccato le vendite di attrezzature e materiali necessari per produrre chip più piccoli di 16 nanometri, quelli utilizzati proprio per l’IA. Queste misure così severe sono state descritte dal New York Times come l’equivalente di una “dichiarazione di guerra economica alla Cina”.
Il governo di Pechino, non sta comunque alla finestra e sta raddoppiando i suoi sforzi sia sui processori all’avanguardia, che nella produzione e nella progettazione di chip legacy, di cui gli Stati Uniti sono fortemente dipendenti. Questi chip, pur prodotti con una tecnologia più vecchia, vengono utilizzati dalle case automobilistiche, dalle infrastrutture energetiche e dalle reti di comunicazioni 5G e potrebbero servire anche in azioni di spionaggio. Secondo Bill Drexel del Center for a New American Security, nel 2021, le aziende cinesi hanno conquistato più di tre quarti del mercato globale per chip legacy, dominando il settore della connettività dei dispositivi intelligenti.
In mezzo a questa guerra non guerreggiata, almeno per ora non con le armi tradizionali, sta il 90% di produzione mondiale di semiconduttori di Taiwan. La vittoria di Lai Ching-te, un tempo un accanito sostenitore dell’indipendenza taiwanese, ora un sostenitore chiave della pace con Pechino pur respingendone la politica aggressiva, aumenterà le tensioni nell’isola.
Il Ministero del Commercio cinese aveva dichiarato, già prima del voto, la possibilità di espandere i piani per sospendere le riduzioni dei dazi su una varietà di importazioni taiwanesi, inclusi prodotti agricoli, frutti di mare e ricambi per auto. Il mondo attende le reazioni di Pechino e guarda con apprensione al ” fragile scudo di silicio” con cui Taiwan cerca di proteggere la sua indipendenza.