Fine anno con i fuochi d’artificio per Jack Smith, il procuratore speciale nominato alla fine dello scorso anno dal ministro della Giustizia Merrick Garland per indagare sull’ex presidente Donald Trump, sia sui documenti top secret portati via dalla Casa Bianca e nascosti nel residence di Mar A Lago, in Florida, sia per il ruolo che Trump avrebbe avuto nel tentativo insurrezionale del 6 gennaio.
Nell’ultimo giorno lavorativo dell’anno nei tribunali federali americani, Jack Smith ha chiesto alla corte federale d’appello di Washington di intervenire ed emettere il verdetto velocemente per la richiesta fatta dagli avvocati dell’ex presidente secondo cui Trump, poiché il 6 gennaio era ancora in carica, sarebbe stato protetto dall’immunità presidenziale e per questo verrebbero meno le accuse criminali di aver organizzato il complotto per cercare di ribaltare le elezioni del 2020.
La lotta sull’immunità è senza dubbio l’aspetto più importante nella vicenda penale sulle interferenze elettorali. Il caso giudiziario è in calendario presso la Corte distrettuale federale di Washington all’inizio di marzo. Nei giorni scorsi c’era stata la richiesta degli avvocati di Trump di sospendere il processo fino a quando il discorso dell’immunità non verrà risolto. Jack Smith, per accelerare i tempi, si era rivolto direttamente alla Corte Suprema federale chiedendo di emettere un parere. Ma la massima corte ha respinto la richiesta di Smith, affermando che prima di esaminare il caso la vicenda giudiziaria deve seguire l’iter istituzionale e passare al giudizio della Corte d’Appello federale. Oggi gli avvocati di Jack Smith hanno chiesto alla Corte d’Appello di fare presto per emettere la sentenza.
L’appello è il punto cruciale di tutta l’indagine perché pone una domanda che non è mai stata fatta prima. Questo perché Trump è il primo ex presidente ad essere incriminato di reati penali e perché si difende affermando che la carica di presidente che ricopriva all’epoca in cui i crimini sono stati commessi lo riparava completamente dalle azioni della magistratura.
La battaglia poi non è solo una questione di interpretazione della legge, perché chiedendo il rinvio Trump e i suoi avvocati stanno cercando di spostare l’inizio del processo a dopo le elezioni presidenziali del 2024. E se Trump dovesse vincere avrebbe il potere di ordinare il ritiro di molte delle accuse a suo carico.
Nella loro istanza alla corte d’appello, i pubblici ministeri hanno affermato che nulla nella Costituzione sostiene che un ex presidente che è accusato di aver commesso un crimine federale per cercare di rimanere in carica nonostante la sconfitta elettorale può godere dell’immunità presidenziale.
“La presidenza svolge un ruolo vitale nel nostro sistema costituzionale, ma lo stesso vale per il principio di responsabilità per gli atti criminali, in particolare quelli che colpiscono il cuore del processo democratico”, ha scritto James I. Pearce, uno dei sostituti procuratori di Smith che ha scritto la memoria. “Piuttosto che rivendicare il nostro quadro costituzionale, la radicale richiesta di immunità da parte dell’imputato – scrive Pearce – minaccia di autorizzare i presidenti a commettere crimini pur di rimanere in carica. I Padri Fondatori non intendevano questo e non avrebbero mai permesso un simile risultato”.
Quando gli avvocati di Trump hanno presentato la loro memoria di appello la scorsa settimana, hanno sostenuto, tra le altre cose, che se in questo caso fosse stata negata l’immunità assoluta, i futuri presidenti avrebbero dovuto temere di dover affrontare accuse penali per una serie di atti che hanno intrapreso in carica. “Un piano per contrastare il trasferimento pacifico del potere contraddice il più elementare controllo costituzionale sugli abusi esecutivi”, ha scritto Pearce nella memoria. “Un presidente arriva al potere vincendo le elezioni, non sovvertendo i risultati del voto”.
Il giudice Tanya S. Chutkan, che si occupa del processo, ha respinto le richieste di immunità di Trump all’inizio di dicembre. Nella sua decisione, ha riconosciuto che il Dipartimento di Giustizia ha perseguito a lungo una politica di non incriminazione dei presidenti mentre sono in carica, ma ha affermato che, poiché Trump non è più alla Casa Bianca, non gode dell’immunità.
“Negli Stati Uniti c’è un solo presidente alla volta, e tale posizione non conferisce un lasciapassare permanente per uscire di prigione”, ha scritto il magistrato. “Gli ex presidenti non godono di condizioni speciali sulla loro responsabilità penale federale”.
Trump ha fatto appello a questa decisione e ora il tribunale sta esaminando il caso. Un collegio di tre giudici della Corte d’Appello federale sta ora valutando la questione dell’immunità. Tutte le memorie scritte del caso saranno depositate entro martedi prossimo. Le discussioni orali sono in calendario per il 9 gennaio.