Henry Kissinger, l’ex Segretario di Stato degli Stati Uniti, è morto a 100 anni nella sua casa in Connecticut.
Kissinger, rifugiato ebreo dalla Germania nazista, raggiunse l’apice della vita politica di Washington da Ministro degli Esteri e Consigliere per la sicurezza nazionale sotto due presidenti repubblicani: Richard Nixon e Gerald Ford.
Considerato uno dei più grandi intellettuali e diplomatici del XX secolo, è stato un illustre esponente della realpolitik, orchestrando la normalizzazione delle relazioni con la Cina e contribuendo ad allentare le tensioni tra Stati Uniti e Russia. Una figura gigantesca che fra luci e ombre ha dato forma a tutta la politica degli Stati Uniti del secondo Novecento.
L’ex segretario di Stato riuscì a uscire quasi indenne anche dallo scandalo Watergate che face terminare la presidenza di Richard Nixon costringendolo alle dimissioni. “Lei ha salvato questo paese, signor presidente – disse Kissinger a Nixon alla Casa Bianca nell’aprile del 1973 – I libri di storia lo dimostreranno quando nessuno saprà cosa significa Watergate”.
Duranti i mesi dello scandalo, con Nixon politicamente sempre più debole, Kissinger assunse un ruolo simile a quello di un co-presidente: “Senza dubbio la mia vanità fu stuzzicata”, scrisse parlando della sua crescente influenza, “ma l’emozione dominante era la premonizione della catastrofe”. Kissinger rivelò ai colleghi della Casa Bianca di essere l’unica persona capace di impedire a Nixon, definito dietro le quinte “quel pazzo ubriaco”, di fare cose che avrebbero “fatto saltare in aria il mondo”.
Nella sua storia pesa però anche il ruolo che ebbe nel colpo di Stato dell’11 settembre 1973 in Cile – il golpe che portò alla morte del presidente socialista Salvador Allende, e alla lunga, cruenta dittatura del generale Augusto Pinochet. Secondo la pubblicazione di documenti desecretati, Kissinger scrisse a Nixon che il fatto che Allende fosse stato eletto democraticamente, e che il governo stesse funzionando, poteva essere estremamente pericoloso per la politica estera americana: l’esempio di un governo marxista eletto con successo in Cile avrebbe sicuramente avuto un impatto, e persino un valore di precedente, in altre parti del mondo, specialmente in Italia.
L’esistenza in Italia di un Partito Comunista come seconda formazione politica per importanza era fonte di costante preoccupazione per l’amministrazione Usa. A Roma, il golpe militare cileno fu subito letto come la dimostrazione che Washington era pronta in caso di necessità a interferire anche nella politica italiana.
Proprio nel 1973, a Kissinger venne assegnato assieme al vietnamita Lê Đức Thọ il premio Nobel per la pace per l’avvio della composizione del conflitto; Le Duc Tho rifiutò il premio per il protrarsi del conflitto (concluso nel 1975), per cui anche Kissinger non si presentò, scusandosi, alla cerimonia. Essenziale fu infatti il suo ruolo nella fine della disastrosa partecipazione Usa alla guerra, per cui il segretario di Stato – sempre pragmatico – avrebbe voluto una strategia negoziale che portasse a un armistizio con i Vietcong comunisti.
Con il ritorno dei democratici alla Casa Bianca con l’elezione di Jimmy Carter, Kissinger non ricoprì più alti incarichi, anche perché nelle successive amministrazioni repubblicane (Reagan e Bush padre) il partito si spostò su una linea neo conservatrice contraria all’approccio dialogante della realpolitik.
Rimase però attivo come consulente, conferenziere, commentatore televisivo e scrittore, oltre che consigliere di amministrazione in diverse imprese con proiezione internazionale. Nel 1989 fondò una società di consulenza, la Kissinger Associates. Fu decisivo per la mediazione con la FIFAche garantì agli USA l’organizzazione dei Mondiali 1994 di calcio, sport di cui era appassionato; fu anche presidente onorario del comitato organizzatore .
Nel 2001 il giudice argentino Rodolfo Corral emise nei suoi confronti un mandato di comparizione per presunta complicità nell’Operazione Condor, il programma internazionale di spionaggio sostenuto dalla Cia per sostenere le dittature militari dell’America del Sud.
Nel 2002 però il presidente George W. Bush, fra molte polemiche, lo nominò presidente della Commissione incaricata di indagare sugli attentati alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001. Kissinger si dimise dalla commissione il 13 dicembre 2002.
Pochi mesi fa, un Kissinger già centenario ma lucido fu ricevuto a Pechino dal presidente Xi Jinping, che lo salutò come un “vecchio amico” di Pechino. “Le relazioni tra i nostri due Paesi saranno sempre legate al tuo nome”, gli disse il leader cinese accogliendolo nella foresteria degli antichi giardini Diaoyutai, considerata la Camp David cinese.
In quell’occasione fu proprio Kissinger a ricordare il suo primo viaggio in Cina nel 1971, quando pose le basi per lo storico viaggio di Nixon del 1972 che mise fine a decenni di ostilità tra Washington e Pechino.
Negli ultimi anni di vita Kissinger si fece anche promotore della riduzione delle armi nucleari nel mondo, proponendo attraverso le colonne del Wall Street Journal un programma per compiere un passo indietro nella corsa alle armi atomiche.
Moltissimi i suoi testi di saggistica in politica estera, oltre a tre libri di memorie.
Kissinger aveva sposato nel 1959 Ann Fleischer, rifugiata ebrea come lui, dalla quale ebbe due figli, Elizabeth e David; divorziarono dopo 15 anni di matrimonio e Fleischer parlò poi di una unione “assolutamente infelice”. Nel 1974 si risposò con Nancy Maginnes. Il figlio David è stato una persona chiave del gruppo mediatico NBC e presidente della Conaco.