La politica estera per gli Stati Uniti è essenziale, perché la pace nel mondo significa la sicurezza americana: è la premessa di Joe Biden nel lungo editoriale che oggi pubblica sul Washington Post, nella sezione “Opinioni”. A un anno dalle elezioni presidenziali, il democratico intende spiegare al pubblico perché dedica tempo e risorse alla crisi ucraina e a quella mediorientale.
Ma l’articolo è anche un messaggio sulle strategie per risolvere il conflitto Israele-Hamas: le immagini strazianti dalla Striscia di Gaza attraverso le tv arrivano anche nelle case americane. Immagini di gente ferita in ospedale, case distrutte dalle bombe di Israele, famiglie in fuga, bambini piangenti: sarebbero oltre 12.000 le vittime palestinesi del conflitto dal 7 ottobre, sono almeno 1200 i civili israeliani ammazzati quel giorno nell’assalto dei miliziani di Hamas nei kibbutz intorno a Sderot.
L’amministrazione Biden dunque si barcamena fra l’inevitabile sostegno a Israele, e la necessità di reagire di fronte ai bombardamenti che da un mese e mezzo massacrano i civili palestinesi. “Anche io ho il cuore spezzato dalle immagini che arrivano da Gaza e dalla morte di molte migliaia di civili, inclusi i bambini”, assicura il presidente. Ma il cattivo è Hamas, che “si nasconde fra i civili”.
Di più: Hamas in Medio Oriente e Putin in Russia e nella crisi ucraina sono due facce della stessa medaglia, entrambi “combattono per cancellare una democrazia confinante dalla carta geografica. L’America non può permetterlo e non lo permetterà”. Perché gli Stati Uniti, prosegue Biden col tono messianico di tutti i presidenti quando parlano della grandezza americana, “sono il paese indispensabile. Raggruppiamo gli alleati per combattere gli aggressori e progredire verso un futuro più luminoso e pacifico. È il dovere di chi guida, e l’America guida”. Non può del resto farne a meno: due guerre mondiali, ammonisce Biden, ci hanno insegnato che “quando l’aggressione in Europa resta senza risposta, non si esaurisce da sola, trascina direttamente anche l’America”.

Tornando al tema centrale – cioè alla tragedia di Gaza – pur senza mai criticare apertamente il governo Netanyahu, Biden dettaglia tutte le cose che sia lui in prima persona sia il suo segretario di Stato Antony Blinken hanno negoziato e ottenuto andando in Medio Oriente. Gli aiuti umanitari: “oggi quasi 100 camion di aiuti arrivano a Gaza dall’Egitto ogni giorno”. Le cosiddette “pause umanitarie” per far scappare i civili dalle zone bombardate. Tutto il contrario “della strategia terroristica di Hamas: nascondersi fra i civili, usare bambini e innocenti come scudi umani”.
Però la critica a Netanyahu, indiretta, arriva, e potente, quando il presidente spiega la sua visione del futuro. Sì, gli Stati Uniti perseguiranno Hamas dovunque nel mondo distruggendo anche le sue reti finanziarie. Sì, la Striscia di Gaza non deve più essere “una piattaforma per il terrorismo”.

Tuttavia “non ci deve essere alcuno spostamento forzato dei palestinesi da Gaza, nessuna rioccupazione, nessun assedio o blocco e nessuna riduzione del territorio. Quando questa guerra sarà finita, le voci e le aspirazioni dei palestinesi devono essere al centro del governo post-crisi a Gaza. Gaza e la Cisgiordania devono essere riunite sotto una sola struttura di governo, a termine sotto una Autorità palestinese con nuova linfa, mentre lavoriamo a una soluzione per due Stati. Ho spiegato recisamente ai leader israeliani che la violenza estremista contro i palestinesi in Cisgiordania deve cessare e che chi commette atti violenti deve essere portato in giustizia”. Fin qui nulla di nuovo ma Biden aggiunge, “Gli Stati Uniti sono pronti a fare i propri passi, incluso il bando ai visti contro gli estremisti che attaccano i civili in Cisgiordania”.
Per molti, molti anni la soluzione dei due Stati è sembrata relegata nel novero delle utopie, strangolata sia dalla vittoria di Hamas nella Striscia, sia dall’impotenza dell’Autorità nazionale palestinese, sia dalla copertura che il governo israeliano dà all’ampliamento delle colonie nei territori occupati. La terribile crisi che la regione vive dal 7 ottobre potrebbe, per paradosso, da un lato cancellare Hamas e la sua pretesa di distruggere Israele, dall’altro obbligare la destra israeliana ad accettare uno Stato palestinese.
È quello che Biden spera, si legge fra le righe. “Da una grande tragedia, dal grande caos può nascere enorme progresso. Questa è la strategia che la mia amministrazione continuerà a tenere, nel Medio Oriente, in Europa e nel mondo”.
Più ancora di quel che Biden dice, comunque, è interessante che il presidente democratico senta la necessità di parlare al popolo americano a mezzo stampa. Sia la guerra in Ucraina sia la crisi mediorientale rischiano di occupare un bel po’ di energie della Casa Bianca nei prossimi dodici mesi di campagna elettorale; e il problema principale dell’anziano candidato Biden, secondo i sondaggi, è proprio che il pubblico lo percepisce come fiacco, indeciso, insomma mancante di vera leadership.
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