L’aria di distensione del weekend primaverile è spazzata via dall’atmosfera elettrica che precede i grandi eventi. I caffè e le strade di Buenos Aires sono pervasi dall’eccitazione, acuita dall’estrema incertezza, per le elezioni presidenziali di portata storica di domenica 17 novembre. Il duello fra l’anarcoliberista di destra Javier Milei (53 anni) e il peronista di centro Sergio Massa (51 anni) non implica solo uno scontro fra due concezioni politiche agli antipodi. Ma riapre anche le lancinanti ferite di un non lontanissimo passato con il giustificazionismo, se non il negazionismo, dei crimini della dittatura militare (circa 30 mila morti) agitato dai gruppi nostalgici raccolti intorno alla candidatura di Milei. L’economista “loco” che vuole fare piazza pulita della casta e di tutte le ruberie imputate al sempiterno peronismo.
Il traffico, come in tutti i weekend, è intenso verso le mete di campagna. Ma il relax, turbato dagli incubi del rischio di un salto nel buio, durerà stavolta solo 24 ore. Domani mattina si torna in città a votare (in Argentina è un obbligo) perché la lotta per la Casa Rosada è troppo serrata e anche un pugno di schede può risultare decisivo. Negli ultimi sondaggi Milei è in testa di una incollatura (fra uno e due punti). Ma la percezione lievemente prevalente è che Massa, primo a sorpresa nel turno del 22 ottobre, potrebbe vincere di misura non per meriti propri (come ministro dell’Economia è perlomeno corresponsabile dello sfascio in cui versa il paese) ma perché Milei nel suo furore demolitorio ha coalizzato troppe forze contro di lui.
Per prima la Chiesa che proprio alla vigilia del confronto ha organizzato una “giornata di preghiera per la patria”. In cui non ha dato indicazioni esplicite di voto. Ma ha sottolineato l’esigenza che le masse dei poveri (la metà del paese) abbiano assoluta necessità di sanità ed istruzione gratuite che Milei nella sua furia iconoclasta per ripartire da zero intenderebbe cancellare (come la Banca Centrale e la maggior parte dei ministeri). Contro Milei sono anche le “abuelas della piazza de Majo” per il fatto che lo stravagante anarco-liberista ha annacquato le stragi dei generali “nel contesto di una guerra in cui si commettono sempre degli eccessi”. Più in là di lui si è spinta la sua “vice” Victoria Villaruel, figlia e parente di militari, che nega addirittura l’olocausto argentino e vorrebbe trasformare l’Esma (il principale centro di tortura trasformato oggi in un museo della memoria) in un parco di divertimenti.

Contro Milei è anche il movimento femminista per la sua avversione all’aborto. I movimenti civici e libertari. Le squadre di calcio che il candidato di destra vorrebbe privatizzare sul modello del football inglese. E perfino le fan della cantante Taylor Swift in nome di una modernità che cozza contro l’oscurantismo dell’estrema destra.
Anche lo scenario internazionale tifa contro di lui. Per gli Stati Uniti, il Brasile (gigante vicino), lo stesso Fondo Monetario Internazionale, le ricette di Milei (dollarizzazione dell’economia già fallita da Carlos Menem e giustizialismo giacobino verso chi l’ha preceduto) potrebbero minare non solo la stabilità ma addirittura i principi della democrazia. Che scherzasse o meno, i suoi detrattori hanno facile gioco e ricordare tutte le sue dismisure: i comizi con la motosega, le ispirazioni tratte dai colloqui con i suoi cani, i bizzarri modelli di riferimento che vanno da Al Canone a Margaret Thatcher, un nervo ancora scoperto per via delle Falkland. E, infine, nemmeno l’aggressività e l’instabilità umorale che lo spingono a insultare tutti (perfino papa Francesco) giocano a suo favore. Nell’ultima settimana una sua apparizione al Teatro Colon è stata sonoramente fischiata al grido “Milei bassura (immondizia), tu sei la dittatura”.
Nonostante tutto Milei sia pur di stretta misura sembra ancora in testa. Forte dell’alleanza con la destra tradizionale di Patricia Bullrich (l’erede dell’ex presidente Mauricio Macri) uscita sconfitta nel primo turno. Pur turandosi il naso e senza certezze sull’esito del suo avventurismo ampi settori della media e alta borghesia preferiscono puntare su di lui nella speranza di una scossa, quale che sia, che garantisca una fuoruscita dalle paludi del peronismo. Con Massa, è il ragionamento di molti conservatori, continuerà l’assistenzialismo di sempre, finanziato dalle loro tasse e spesso disperso nei rivoli della corruzione. Con Milei c’è futuro, un nuovo orizzonte, speranza di aria nuova, Anche se la prospettiva potrebbe rivelarsi estremamente rischiosa, più pericolosa del grigissimo presente. Meno fisco, insomma, e più libertà, Una sorta di referendum sul kirchnerismo che ha finito col nauseare metà del paese.

E Milei, fiutando questa sete di cambio, su suggerimento della sorella Karina, il “vero boss” (come la chiama lui) che dirige la sua campagna presidenziale, nell’ultima settimana ha anche cambiato stile. Lascia nel magazzino di casa la motosega, appare più sobrio, invita patriotticamente i suoi sostenitori a vestire la maglia della Nazionale di calcio campione del mondo, si sforza di mostrarsi più presidenziabile. Anche la maggior parte dei giovani, adescati astutamente sui social, sembrano sensibili ai suoi messaggi più visionari che rivoluzionari, Che non sembrano affrontare i nodi veri della crisi. Ma infiammano gli animi con la miscela dei messaggi incendiari. “Penderò a calci nel culo quelli che vi hanno fregato”.
Massa appare decisamente più equilibrato e competente, Come ha dimostrato nel confronto televisivo che ha vinto facendo cadere spesso in contraddizione l’avversario. Ma anche se ha recuperato con la politica dei sussidi fra le masse degli indigenti ha l’handicap del passato ondivago (si era sganciato dal peronismo e ora ne propone un’ennesima versione). E pur se si ostina a promettere efficienza, realismo e rigore ci sono troppe macchie e troppe correnti nel momento giustizialista perché le sue assicurazioni appaiano del tutto convincenti.
In caso di sconfitta Milei ha già messo le mani avanti ventilando l’ipotesi di brogli. Ha inviato nei tempi fissati dalla legge solo un numero limitato di schede con il suo nome (dove l’elettore può apporre la preferenza) per evitare che vengano danneggiate o bruciate. Recapiterà le altre all’ultimo momento e chiede che la regolarità della consultazione sia garantita dalla presenza dell’Esercito. Se dovesse perdere, non avendo un partito solido alle spalle, accenderebbe sì i fuochi della protesta ma non infiammerebbe le piazze.
Massa dispone invece della forza d’urto di un movimento strutturato e del fiancheggiamento dei sindacati usi alla lotta dura. Se vince Milei non avverranno probabilmente goffi tentativi di ribaltamento (come avvenne dopo le sconfitte di Donald Trump e Jair Bolsonaro) ma è facile prevedere che i peronisti scatenerebbero manifestazioni in tutto il paese. A difesa della democrazia.