Decine di leader arabo-islamici si sono riuniti in Arabia Saudita, dove si è parlato a lungo di guerra tra Israele e Palestina.
Tutti, a Riad, hanno condannato Netanyahu, trovandosi d’accordo sull’invio di una richiesta al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di adottare una risoluzione per porre fine all’aggressione nella Striscia.
A fare la voce grossa è stato l’Iran, che ha alzato i toni della retorica contro Israele ribadendo la necessità di cancellare lo Stato ebraico dal Medio Oriente e accusando Washington di fornire il carburante all’offensiva israeliana sulla Striscia di Gaza. Nella prima visita in 11 anni di un presidente iraniano in Arabia Saudita, Raisi ha sostenuto che l’unica soluzione al conflitto in corso sia la “resistenza continua contro l’oppressione israeliana, fino alla creazione dello Stato palestinese dal fiume al mare. Il passare del tempo non legittima l’occupazione, né crea un diritto per l’occupante”.
“Baciamo le mani di Hamas”, ha detto ancora il capo di Stato iraniano, che si è poi incontrato col principe ereditario saudita Muhammad bin Salman per la prima volta dal disgelo diplomatico e politico tra i due Paesi avvenuto a marzo. Una posizione, quella tenuto dall’Iran, che ha però peccato il summit sul tema della linea dura invocata in merito alle sanzioni.
Raisi, definendo “organizzazione terroristica” l’esercito israeliano, ha chiesto un boicottaggio energetico contro Israele e un’iniziativa comune per portare gli Stati Uniti di fronte al tribunale internazionale dell’Aja per i crimini commessi a Gaza.

Parole subito raccolte da Hassan Nasrallah, leader degli Hezbollah libanesi filo-iraniani, che ha ribadito come il fronte di guerra dal sud del Libano contro il nord di Israele rimanga aperto e come negli ultimi giorni il “Partito di Dio” abbia gradualmente alzato il tiro dello scontro, inviando droni spia sui cieli di Haifa e impiegando armi più potenti. Nasrallah si è poi rivolto direttamente agli Stati Uniti, avvertendo che i gruppi armati in Medio Oriente continueranno a colpire obiettivi americani in Siria e Iraq fino a quando non cesserà l’aggressione su Gaza.
Toni decisamente più morbidi da parte del padrone di casa, il principe ereditario dell’Arabia Saudita Mohamed bin Salman, che pur criticando il “doppi standard” della comunità internazionale nella risposta alla guerra, che avrebbe permesso a Israele di violare il diritto internazionale, ha ripreso i punti del piano di pace proposto da Riad 21 anni fa a Beirut, secondo cui l’unica strada è la fine dell’occupazione israeliana e degli insediamenti illegali, il ripristino dei diritti acquisiti del popolo palestinese e la creazione dello Stato nei confini del 1967, con Gerusalemme Est come capitale.
Richiesta poi formalizzata nel comunicato finale del summit, in cui si respinge l’ipotesi di una separazione tra Gaza e Cisgiordania.