Il segretario di Stato americano Antony Blinken ha incontrato lunedì mattina ad Ankara il suo omologo turco Hakan Fidan, dopo un intenso fine settimana che lo ha visto fare tappa a Tel Aviv, Amman, Ramallah e Baghdad in un frenetico sforzo diplomatico per istituire “pause umanitarie” a salvaguardia della popolazione palestinese.
Il capo-diplomatico dell’amministrazione Biden è sbarcato nella capitale anatolica alle prime luci dell’alba (ora locale) e, a quanto si apprende, nella sua breve missione incontrerà alti funzionari governativi. Tra questi, tuttavia, non figura il presidente Recep Tayyip Erdoğan, che attualmente si trova nella città nord-orientale di Rize.
Si tratta della prima visita di Blinken in Turchia dallo scoppio della guerra tra Israele e Hamas, lo scorso 7 ottobre. Al suo arrivo presso il ministero degli Esteri, decine di manifestanti islamisti hanno sventolato bandiere turche e palestinesi ed esposto cartelli contro gli Stati Uniti e Israele al grido di “Blinken assassino, vattene dalla Turchia!”.
Ieri la folla aveva già protestato radunandosi davanti all’ambasciata statunitense ad Ankara e avvicinandosi pericolosamente alla base aerea militare turco-statunitense di Incirlik, nella città meridionale di Adana.
Arrived in Türkiye last night at a consequential time for stability and security in the region. Today, I will meet with government leaders as we seek to prevent the spread of the conflict in Gaza and find ways to increase the flow of humanitarian assistance. pic.twitter.com/VxgRE8nGL8
— Secretary Antony Blinken (@SecBlinken) November 6, 2023
Ankara si è sinora distinta come una delle più vocali sostenitrici della causa palestinese, irrigidendo al contempo la sua retorica nei confronti della leadership israeliana fino ad innescare una vera e propria crisi diplomatica tra i due Paesi.
Nelle ultime settimane Erdoğan ha infatti esplicitamente accusato Tel Aviv di stare commettendo crimini di guerra nei confronti della popolazione civile a Gaza. Critiche originariamente mosse due settimane fa durante un maxi-comizio pro-Palestina a Istanbul, e ribadite proprio dal palco di Rize domenica. “Non lasceremo soli i nostri fratelli di Gaza. È nostra responsabilità verso la storia denunciare i crimini di coloro che hanno sostenuto questo immorale, spregiudicato e spregevole massacro”, ha detto il leader turco.
Venerdì sera, il presidente turco aveva bersagliato frontalmente il premier israeliano Benjamin Netanyahu, definendolo “una persona con cui non possiamo più parlare” e con cui “abbiamo tranciato i rapporti”. Sempre venerdì, Ankara ha deciso di richiamare il suo ambasciatore a Tel Aviv (come già fatto da Bahrein e Giordania), sottolineando la “tragedia umanitaria” a Gaza e “il rifiuto di Israele agli appelli al cessate il fuoco”.

La visita di Blinken si inserisce dunque in un contesto diplomaticamente critico – e nelle stesse ore in cui i soldati israeliani circondano la parte settentrionale Gaza City, che da ore è praticamente tagliata dal mondo esterno e in grave carenza di scorte umanitarie.
Oltre a evitare che il conflitto si estenda a livello regionale – coinvolgendo non solo gli Hezbollah libanesi ma anche l’Iran e le milizie filo-Teheran in Iraq e Siria – il massimo diplomatico statunitense è al lavoro per convincere gli israeliani a concedere “pause umanitarie” a Gaza che, in entrata, consentano l’afflusso di aiuti umanitari e, in uscita, permettano l’evacuazione di cittadini stranieri, feriti e ostaggi tenuti prigionieri da Hamas.
Sinora, tuttavia, gli sforzi diplomatici di Washington non sembrano essere stati fruttuosi. I Paesi arabi e musulmani chiedono un cessate il fuoco urgente per evitare che il bilancio delle vittime palestinesi (oltre 10.000 morti secondo il ministero della Sanità di Gaza) aumenti ancora, ma Israele rifiuta categoricamente una cessazione delle ostilità fino a quando Hamas non rilascerà tutti i circa 240 ostaggi.
Pur caldeggiando la concessione di “pause umanitarie”, anche Blinken ha manifestato la netta contrarietà di Washington a un cessate il fuoco, che a suo dire non farebbe altro che consolidare i miliziani di Hamas. “Dal nostro punto di vista, un cessate il fuoco lascerebbe semplicemente Hamas al suo posto, in grado di riorganizzarsi e ripetere ciò che ha fatto il 7 ottobre”, ha dichiarato sabato scorso nel meeting di Ramallah con i leader arabi, riferendosi alla serie di attentati a sorpresa condotti dal gruppo nel sud di Israele costati la vita a circa 1.400 civili israeliani.
Dopo gli incontri in Turchia, Blinken si recherà nelle prossime ore in Giappone, Corea del Sud e India. Lì a tenere banco sarà verosimilmente non solo la (lontana) crisi palestinese, ma anche questioni regionali quali il programma nucleare della Corea del Nord e le crescenti ambizioni geopolitiche della Cina.