Il neoeletto speaker della Camera Mike Johnson si è impegnato ad avanzare un disegno di legge per un pacchetto di aiuti allo stato ebraico escludendo, almeno per ora, quelli per Kiev. Un’ipotesi che non piace ai leader repubblicani del Senato e che rischia di riaccendere i malumori che hanno bloccato per quasi un mese le attività parlamentari.
All’inizio di questo mese, Biden aveva chiesto al Congresso di approvare un disegno di legge di finanziamento supplementare da 105 miliardi di dollari che includeva aiuti sia a Israele che all’Ucraina, nonché denaro per proteggere il confine tra Stati Uniti e Messico.
Ieri, nel corso di una trasmissione di approfondimento politico trasmessa da Fox News, Mike Johnson ha detto: “Questa settimana presenteremo alla Camera un disegno di legge autonomo sui finanziamenti a Israele”, aggiungendo che crede che la misura otterrà un sostegno bipartisan. Johnson è uno stretto alleato dell’ex presidente Donald Trump.
Ma questa proposta dello speaker della Camera oltre a non piacere ai democratici, non piace neanche al suo compagno di partito Mitch McConell, leader della minoranza al Senato, il quale continua a sostenere il collegamento tra gli aiuti a Israele con quelli all’Ucraina.
“Questo è il momento per un’azione rapida e decisiva per prevenire ulteriori perdite di vite umane e per imporre conseguenze reali ai tiranni che hanno terrorizzato il popolo dell’Ucraina e di Israele. E ora il Senato ha la possibilità di produrre assistenza supplementare che ci aiuterà a fare esattamente questo”, ha detto McConnell presentando questa mattina l’ambasciatrice ucraina Oksana Markarova a un evento a Louisville, in Kentucky.
“I nemici all’estero ci osservano da vicino e aspettano che l’America vacilli. Solo il nostro sostegno concreto e credibile potrà scoraggiare i nostri avversari in futuro e ripristinare la sicurezza”, ha affermato Mitch McConnell, aggiungendo che vuole approvare le leggi sugli stanziamenti prima di Natale per aumentare la spesa per la difesa. Una proposta in netto contrasto con lo speaker, il quale si è impegnato di congelare i finanziamenti federali. Johnson inoltre ha anche avanzato di compensare i 14 miliardi di dollari di aiuti a Israele con altri tagli alla spesa, un’idea che sarà controversa sia ai repubblicani che ai democratici del Senato.
In aggiunta alla sfida, pochi senatori repubblicani avevano sentito parlare di Johnson prima della sua improvvisa elezione a presidente mercoledì, e McConnell non l’ha ancora nemmeno incontrato di persona, anche se hanno parlato al telefono il giorno in cui Johnson è stato eletto.
McConnell e Johnson hanno anche visioni sorprendentemente diverse sul ruolo del governo federale nel guidare il dibattito nazionale sull’aborto. McConnell ha chiarito in diverse occasioni che le restrizioni sull’aborto dovrebbero essere lasciate agli Stati, sostenendo che il Congresso è irrimediabilmente diviso e che nessuna legge federale in merito potrebbe raccogliere i 60 voti necessari per passare al Senato.
Johnson, invece, che è un evangelico praticante, considera l’aborto una questione nazionale e all’inizio di quest’anno ha co-sponsorizzato un disegno di legge che dichiara che il diritto alla vita garantito dalla Costituzione spetta a ogni essere umano in tutte le fasi della vita, compreso il momento della fecondazione.
A febbraio ha anche presentato un disegno di legge che rende un crimine trasportare donne minorenni attraverso i confini statali per abortire senza prima soddisfare le leggi sul coinvolgimento dei genitori nello stato di residenza del minore.
Eppure, in qualche modo, McConnell e Johnson dovranno trovare un modo per evitare la minaccia della chiusura delle attività di governo i cui termini scadranno il 17 novembre e posizionare il partito in vista delle elezioni del 2024 per cercare di riconquistare la Casa Bianca e la maggioranza al Senato e aumentare la loro scarsa maggioranza alla Camera. Ma Johnson alla Camera ha lo stesso problema di McCarthy, prigioniero della minoranza, che minaccia di silurarlo come è stato fatto per l’ultimo speaker se dovesse approvare il bilancio di spesa senza i tagli.
“A livello istituzionale devono praticamente lavorare insieme”, ha commentato Ross K. Baker, professore di scienze politiche alla Rutgers University, in un’intervista con Margaret Brenner su “Face the Nation” della CBS News riferendosi ai differenti approcci repubblicani alla Camera e al Senato. “Paradossalmente, McConnell trova molto più facile parlare con il leader della maggioranza Chuck Schumer che con la sua controparte repubblicana alla Camera”, ha aggiunto.
Baker ha osservato che, mentre McConnell e Schumer hanno stabilito un rapporto di lavoro e sanno la posizione reciproca, Johnson rimane in gran parte un mistero per la maggioranza dei senatori repubblicani.
“Chissà per quanto tempo sarà lo speaker?” si è chiesto il senatore John Cornyn, repubblicano del Texas, facendo capire le incertezze dei repubblicani al Senato con i loro compagni di partito della Camera dopo l’accordo stipulato da Kevin McCarthy per farsi eleggere come speaker dagli ultras del partito. Accordo che poi gli è stato fatale. Alcuni senatori repubblicani, tuttavia, sperano che Johnson mostri un lato “pragmatico” ora che è alla leadership.
Il senatore Bill Cassidy repubblicano della Louisiana, lo stesso stato di Johnson, ha detto che il neospeaker è un politico “esperto”. Cassidy ha rassicurato McConnell dichiarando che anche lui vede gli aiuti all’Ucraina come una priorità assoluta per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, affermando in un’intervista condotta da Sean Hannitiy su Fox News che “gli Stati Uniti non si possono permettere che Putin prevalga in Ucraina” e aggiungendo poi che l’aggressione di Putin minaccia il resto dell’Europa e che non riuscire a fermare la Russia “probabilmente incoraggerebbe e darebbe potere alla Cina di fare una mossa su Taiwan”.