Si sono ulteriormente irrigidite le relazioni tra Canada e India dopo l’espulsione di un diplomatico indiano, responsabile dell’intelligence di New Delhi ad Ottawa, sospettato di aver preparato il piano per uccidere un dissidente che chiedeva l’indipendenza del Punjab. Le autorità canadesi sospettano che mandante dell’omicidio sia lo stesso governo indiano.
“Se gli indizi saranno confermati, si tratterà di una grande violazione della nostra sovranità e delle regole basilari su come i Paesi si comportano tra loro”, ha detto Mélanie Joly, ministro degli esteri canadese.
Il primo ministro Justin Trudeau ha detto ieri in Parlamento che esistono “prove credibili e concrete” del coinvolgimento del governo del primo ministro Narendra Modi nell’uccisione di Hardeep Singh Nijjar, 45 anni, noto attivista del movimento per l’indipendenza dei Sikh, assassinato a colpi di pistola il 18 giugno di quest’anno nella sua auto parcheggiata in un centro culturale sikh a Surrey, un sobborgo di Vancouver, nella Columbia Britannica, in Canada.
Nijjar era cittadino canadese e su di lui il governo indiano aveva spiccato un mandato di cattura per “terrorismo” come membro dei Khalistan Tiger Force. Era stata posta anche una taglia di 16 mila dollari per la sua cattura, accusato di aver preso parte ad un attacco ad un centro religioso indù. Nel 2016, Nuova Delhi sosteneva che Nijjar fosse collegato a un attentato del 2007 in un cinema del Punjab in cui furono uccise sei persone. Nijjar aveva detto che le accuse erano false. “Vivo in Canada dal 1997. Da allora non sono più tornato in India”, aveva affermato Nijjar al giornalista di Postmedia Kim Bolan in un’intervista l’anno scorso. “Faccio l’idraulico, ho una mia azienda qui a Vancouver e al tempio… sono un servitore della comunità”.
Al contrario delle accuse di New Delhi i correligionari canadesi di Nijjar lo descrivono come di un carismatico leader di proteste pacifiche contro le violazioni dei diritti umani in India – e ricordano come da tempo aveva denunciato pubblicamente di essere nel mirino dei “sicari” ingaggiati dai servizi segreti indiani.

In una conferenza stampa a giugno, gli investigatori della Royal Canadian Mounted Police avevano detto l’omicidio aveva tutte le caratteristiche di una imboscata in cui uomini mascherati avevano bloccato con le loro auto le uscite del parcheggio, ma non hanno voluto dire se l’attacco apparisse politicamente motivato.
Il primo ministro Trudeau ha rivelato di averne parlato direttamente al leader indiano Narendra Modi durante il vertice del G20 della settimana scorsa a Nuova Delhi. Sostiene di aver detto a Modi che un coinvolgimento dell’India nell’assassinio sarebbe inaccettabile e che dunque si aspetta piena cooperazione nelle indagini.
Certo è che la spinosa controversia peggiora i già difficili rapporti tra i due Paesi, sia per una serie di questioni commerciali irrisolte sia proprio per la presenza in Canada di una nutrita comunità Sikh che chiede l’indipendenza del Punjab e la creazione di un nuovo Stato, il Khalistan. Una situazione che il governo nazionalista di Narendra Modi non può digerire.
L’uccisione di Nijjar aveva portato a una serie di proteste davanti al consolato indiano a Vancouver e in tutto il Canada, nonché a appelli e una petizione in cui veniva chiesto al governo federale di indagare sulla sua morte e di determinare se la sua uccisione fosse stata ordinata dal governo indiano.

Nijjar è la terza figura sikh di spicco ad essere uccisa negli ultimi mesi. In Inghilterra Avtar Singh Khanda, che si diceva fosse il capo della Forza di liberazione del Khalistan, è morto a Birmingham a giugno per avvelenamento. A maggio Paramjit Singh Panjwar, capo del Khalistan Commando Force, è stato centrato dai proiettili mentre la sua auto era ferma ad un semaforo a Lahore, capitale della provincia pakistana del Punjab.
Negli anni Ottanta numerosi funzionari governativi furono uccisi in una insurrezione sikh. Secondo i gruppi per i diritti umani, il governo ha risposto con diffusi abusi dei diritti umani, comprese torture ed esecuzioni sommarie. Nel 1984, il primo ministro Indira Gandhi inviò l’esercito a prendere d’assalto il Tempio d’Oro di Amritsar, il luogo più sacro del Sikhismo, che era stato fortificato da militanti Sikh. Il governo ha affermato che centinaia di persone sono state uccise nello scontro, ma altri stimano il bilancio delle vittime a migliaia. Per rappresaglia, due delle guardie del corpo sikh di Indira Gandhi la assassinarono, provocando rivolte in cui furono uccisi migliaia di sikh.
Nel 1985 una bomba esplose su un volo Air India da Toronto a Londra, uccidendo tutte le 329 persone a bordo. Rimane l’attacco terroristico più mortale del Canada e il peggior omicidio di massa. Nel 2005, dopo una lunga indagine e un processo, due separatisti sikh della Columbia Britannica furono assolti dall’accusa di aver piazzato la bomba dentro l’aereo, nonché per una seconda esplosione che uccise due addetti ai bagagli in Giappone. Molti testimoni erano morti – alcuni erano stati assassinati – o apparentemente erano stati intimiditi e non avevano testimoniato. Inoltre le videoregistrazioni dei servizi di sicurezza canadesi, che erano la maggiore prova depositata per il processo, vennero inspiegabilmente distrutte.