WeWork, la società americana di spazi per uffici, ha avvertito per la prima volta di avere “sostanziali dubbi” sulla sua capacità di continuare a operare.
Annunciando i risultati del secondo trimestre, che non è stato all’altezza delle previsioni emesse tre mesi fa, la società ha dichiarato che le sue prospettive dipendono da una serie di progetti, tra cui un’ulteriore riassetto e una ricerca di capitale aggiuntivo nei prossimi 12 mesi.
David Tolley, amministratore delegato ad interim da quando Sandeep Mathrani si è dimesso a maggio, ha attribuito le scarse performance del gruppo alle difficili condizioni economiche e soprattutto alla situazione del mercato immobiliare. “L’eccesso di offerta nel settore immobiliare commerciale – ha detto – insieme alla volatilità macroeconomica hanno determinato un tasso di abbandono più elevato e una domanda inferiore al previsto, determinando un leggero calo degli abbonamenti”.
WeWork ha rivisto il modello di business dopo il tentativo fallito di quotarsi in borsa nel 2019, che ha accelerato l’uscita del co-fondatore Adam Neumann. La società da allora ha chiuso o modificato 590 contratti di locazione, tagliando circa 12,7 miliardi di dollari dai futuri impegni di locazione.
L’azienda ha ora 512.000 membri in 610 sedi in 33 paesi, numeri che però diminuiscono del 3% su base annua, così come cala l’occupazione degli edifici che oggi si attesta al 72%.
Le azioni di WeWork, che alla fine è riuscita a quotarsi nel 2021, erano già diminuite del 95% nell’ultimo anno e sono scese di un altro 30% negli scambi afterhours a 14 centesimi. Il risultato negativo arriva appena tre mesi dopo che la società ha completato un riassetto che ha ridotto il carico del debito di circa 1,2 miliardi di dollari.