È un nome noto negli uffici dei legali di Donald Trump, uno di quelli che negli ultimi anni si sono impegnati senza sosta per fare luce sull’assalto a Capitol Hill.
L’ex presidente, atteso alle 4 PM in tribunale a Washington, si troverà di fronte a Tanya S. Chutkan, la giudice distrettuale scelta per presiedere il suo processo.
Nominata da Obama e in servizio da quasi un decennio, si è fatta conoscere come una delle più severe nei confronti di chi, il 6 gennaio 2021, ha marciato sul Congresso. “Deve essere chiaro che cercare di rovesciare il governo con la violenza e impedire la pacifica transizione del potere aggredendo gli agenti di polizia verrà punito con certezza assoluta”, disse nel dicembre del 2021 prima di infliggere più di cinque anni di carcere a un uomo della Florida accusato di aver usato un estintore per far breccia nel palazzo e di averlo lanciato contro gli agenti durante l’attacco.
Severa spesso ancor più di quanto le chiedesse il governo, come nel caso di un altro aggressore che Chutkan mandò dietro le sbarre ritenendo che la detenzione domiciliare proposta dal pubblico ministero fosse insufficiente. “Chi prova a rovesciare il governo con la forza deve andare incontro a conseguenze più dure del semplice sedersi a casa aspettando che il tempo passi”, disse in quell’occasione.

Sempre nel 2021, quando Trump chiese che al comitato della Camera sul 6 gennaio venisse impedito di ottenere alcuni documenti della sua amministrazione relativi all’assalto al Campidoglio, fu proprio Chutkan ad opporsi. “Biden non è costituzionalmente obbligato a rispettare le pretese di privilegio esecutivo del suo predecessore”, dichiarò con fermezza, spianando la strada al Congresso che arrivò così a mettere le mani sugli archivi nazionali e ad entrare in possesso di tutte le carte necessarie.
Chutkan oggi ha 61 anni, è nata a Kingston, in Giamaica, e ha studiato economia alla George Washington University, prima di laurearsi in giurisprudenza con un JD presso la University of Pennsylvania Law School.
Subito dopo la laurea ha lavorato come avvocato, per poi unirsi al District of Columbia Public Defender Service dove è rimasta per oltre dieci anni come legale e supervisore per omicidi, reati sessuali e violenza domestica.
L’esperienza pubblica le ha permesso, agli inizi degli anni 2000, di diventate partner nello studio Boies Schiller Flexner LLP, specializzandosi nella difesa dei colletti bianchi. Tutto ciò fino a quando, nel 2013, Barack Obama ha fatto il suo nome per la Corte distrettuale degli Stati Uniti nel Distretto di Columbia.
“I presidenti non sono re”, è la frase che in questi anni l’ha resa famosa. Un’interpretazione della legge che non guarda in faccia nessuno e che anzi si accanisce contro chi è convinto di essere superiore alle norme.
“I presidenti non sono re e Trump non è nemmeno presidente”, disse prima di respingere la richiesta del tycoon nel dicembre del 2021, non riconoscendogli i “privilegi dell’esecutivo” che gli avrebbero permesso di schermare tutti i suoi atti comprese le comunicazioni con lo staff durante le ore dell’assedio al Campidoglio.
Uno sgarro che probabilmente il repubblicano non ha mai digerito e che in queste ore saranno in molti a ricordargli.