A pochi giorni dalla deposizione militare del presidente Mohamed Bazoum da parte della sua guardia presidenziale, continuano a imperversare caos e violenza in Niger. Martedì quattro Paesi europei hanno comunicato l’imminente evacuazione dei propri connazionali dal Paese africano occidentale: Francia, Italia, Germania e Spagna.
Il ministero degli Esteri di Parigi ha dichiarato in un comunicato che il Paese “sta preparando l’evacuazione dei suoi cittadini e degli altri cittadini europei che vogliono lasciare il Paese”, aggiungendo che le operazioni di rimpatrio dei quasi 600 connazionali che vivono nell’ex colonia africana sono già iniziate nella mattinata di martedì. La Germania ha precisato che anche diverse decine dei 100 tedeschi complessivamente presenti in Niger verranno imbarcati sui voli messi a disposizione dalle autorità francesi “nei limiti della capacità disponibile”.
Per quanto riguarda l’Italia, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha annunciato in un tweet un “volo speciale” da Niamey a Roma in queste ore. Nel Paese sono attualmente presenti meno di 90 civili italiani e poco più di 300 militari, secondo un portavoce della Farnesina.
A muoversi è stato anche il Governo spagnolo, che tuttavia si è rifiutato di fornire ulteriori informazioni per questioni di incolumità dei circa 70 cittadini spagnoli coinvolti. I Governi europei sperano di portare a termine le operazioni di rimpatrio entro 24 ore.

Nel frattempo, i Paesi dell’area del Sahel – funestati negli ultimi anni dalla minaccia dell’estremismo islamico – hanno reagito in modo differente all’improvvisa rimozione di Bazoum. Domenica la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (ECOWAS) ha lanciato un severo monito contro la giunta militare, a cui è stata concessa una settimana di tempo per liberare e reintegrare il legittimo capo di Stato. In caso contrario, hanno avvertito, non è escluso “l’uso della forza”.
Contestualmente, l’organizzazione internazionale ha emesso un divieto di viaggio e un congelamento dei beni dei leader militari coinvolti nel golpe, delle loro famiglie e di tutti i cittadini che hanno accettato di prendere parte a qualsiasi istituzione o governo da loro formato. La mossa fa il paio con la sospensione degli aiuti finanziari a Niamey decisa negli scorsi giorni da Francia e Unione europea – che tuttavia temono che le misure punitive potrebbero allontanare il Niger dai suoi alleati occidentali e portarlo verso i mercenari russi della Wagner, già massicciamente presente nel continente africano (anche se le autorità statunitensi sostengono che non ci siano segnali di un coinvolgimento diretto di Prigozhin nel golpe).
Sul fronte opposto – ossia quello pro-golpisti – ci sono invece gli esecutivi di Mali e Burkina Faso. Bamako e Ouagadougou hanno comunicato che non prenderanno parte a eventuali sanzioni dell’ECOWAS contro Niamey, definendole “illegali, illegittime e disumane”. A sostenere la giunta guidata dal generale Abdourahmane Tchiani è anche la Guinea, i cui funzionari hanno avvertito che un intervento militare ECOWAS provocherebbe un disastro umano “che potrebbe estendersi ben oltre i confini del Niger”.