Il capo della Wagner Evgenij Prigozhin si troverebbe nuovamente in Russia e i suoi mercenari sarebbero ancora accampati dove si trovavano prima del fallito golpe del mese scorso.
A dichiararlo è stato giovedì il presidente bielorusso Alexander Lukashenko, che lo scorso 25 giugno era riuscito a mediare un accordo per porre fine all’ammutinamento armato della brigata paramilitare.
In un incontro con i giornalisti, il leader di Minsk ha dichiarato che il “cuoco di Putin” non si troverebbe più in territorio bielorusso (dove era arrivato a fine giugno) – bensì a San Pietroburgo, o addirittura nella capitale Mosca. Affermazioni apparentemente suffragate da FlightRadar24, che mostra un aereo d’affari riconducibile a Prigozhin essere partito da San Pietroburgo per Mosca mercoledì, per poi dirigersi verso la Russia meridionale giovedì.

Le parole di Lukashenko fanno riaccendere il mistero sul contenuto dell’accordo negoziato tra il capo della Wagner e il Cremlino. Uno dei corollari del patto sembrava essere proprio l’auto-esilio del rivoltoso Prigozhin in Bielorussia – oltre al triplice bivio-opportunità fornito ai combattenti della Wagner: arruolarsi nell’esercito regolare russo, lasciare il servizio, o trasferirsi in Bielorussia.
Secondo alcuni esperti, l’approdo di Prigozhin a San Pietroburgo potrebbe peraltro esso stesso far parte degli accordi raggiunti con il Cremlino. Putin gli avrebbe infatti permesso di concludere i suoi affari nell’ex capitale zarista (che è il centro dell’impero imprenditoriale costruito dal capo della Wagner), oltre a recuperare il denaro sequestratogli durante le perquisizioni nei suoi uffici e una piccola collezione di armi da fuoco che avrebbe tenuto nella sua casa pietroburghese.
Intanto, con un tempismo quantomeno sospetto, mercoledì sulla televisione russa sono state trasmesse le immagini di un’incursione effettuata a giugno dalle forze speciali russe proprio nell’abitazione di Prigozhin.
Tante le bizzarrie emerse: dall’ampia collezione di parrucche (forse usate per camuffarsi durante le missioni militari in Africa e Siria) e mazze presumibilmente utilizzate per massacrare i traditori. Ma c’erano anche diversi mazzetti di dollari statunitensi e lingotti d’oro. In una stanza è stata inoltre trovata una grande mazza-ricordo (emblema della brutalità della Wagner) con l’iscrizione “per negoziati importanti”, oltre a a una fotografia che mostrava una fila di teste mozzate.

Lukashenko ha intanto preannunciato che incontrerà presto Putin per discutere proprio della situazione relativa a Prigozhin e ai suoi uomini. Il capo di Stato bielorusso si è detto scettico che l’obiettivo del Cremlino sia quello di neutralizzare l’uomo che ha sfidato il suo impero. “Se pensate che Putin sia così feroce e vendicativo da farlo fuori, no, non succederà”, ha risposto Lukashenko ai reporters.
Quando gli è stato chiesto se Prigozhin e i suoi mercenari si sarebbero stabiliti in Bielorussia, Lukashenko ha tuttavia accuratamente circumnavigato la domanda, sostenendo che tutto dipenderà dalle scelte fatte dal capo dei Wagner e dal Governo russo.
Dal canto suo, in un audio di 40 secondi emerso questa settimana sui canali Telegram legati alla Wagner, Prigozhin avrebbe ribadito che la sua marcia verso Mosca fosse “una protesta” e non già un colpo di Stato, il cui scopo era “combattere i traditori (identificati nel ministro della Difesa Sergej Shoigu e nel capo di Stato maggiore Valerij Gerasimov) e mobilitare la società”. Il capo della Wagner ha inoltre cripticamente preannunciato “nuove vittorie al fronte in un prossimo futuro“.