“Riteniamo che il nostro CEO Stockton Rush, Shahzada Dawood e suo figlio Suleman Dawood, Hamish Harding e Paul-Henri Nargeolet siano purtroppo scomparsi”.
Inizia così il comunicato diramato dalla OceanGate, la società che ha organizzato il viaggio esplorativo verso il relitto del Titanic.
Poi, la tragica spiegazione sull’andamento dei fatti: questa mattina, un ROV della nave Horizon Artic ha trovato il cono di coda del Titan vicino dalla prua del relitto del Titanic, oltre ad altri detriti compatibili con una perdita catastrofica della camera di pressione. Il batiscafo è imploso su se stesso.
“Questi uomini erano veri esploratori che condividevano uno spiccato spirito di avventura e una profonda passione per l’esplorazione e la protezione degli oceani del mondo. I nostri cuori sono con queste cinque anime e con tutti i membri delle loro famiglie in questo tragico momento. Siamo addolorati per la perdita della vita e della gioia che hanno portato a tutti coloro che conoscevano”.
La notizia, attesa già da ieri, arriva dopo che questa mattina erano ufficialmente esaurite le 96 ore di autonomia del sommergibile stimate dalla guarda costiera americana e dopo che, negli ultimi frangenti della ricerca, gli equipaggi avevano trovato un cumulo di detriti nella zona vicina al Titanic.

A bordo del Titan, diretto a 600 chilometri dalla costa di Terranova (Canada), dove a 3.600 metri di profondità giace la carcassa del Titanic affondato dopo aver colpito un iceberg nel 1912, erano in cinque: il miliardario britannico Hamish Harding, 58 anni e presidente dell’azienda aeronautica Action Aviation (noto per aver già volato nello spazio), l’uomo d’affari pachistano Shahzada Dawood insieme a suo figlio Suleman, il francese Paul Henri Nargeolet, ex comandante di nave, sub di profondità e pilota di sommergibili e il Ceo della Ocean Gate ExpeditionStockton Rush.
Un gruppo di ricchissimi turisti curiosi, disposti a pagare 250.000 dollari per assistere dal vivo a ciò che rimane di una catastrofe che ha portato la morte di oltre 1.500 persone e a firmare un documento in cui si sono assunti il rischio “di morire durante la spedizione”.
Ieri, dagli abissi i ricercatori avevano captato alcuni suoni a intermittenza. Un modo per comunicare, avevano pensato i più ottimisti. “Non sappiamo cosa sia successo – diceva Olivier Lefort, capo delle operazioni navali dell’Istituto francese di ricerca per lo sfruttamento del mare – I rumori che si sono sentiti ci fanno sperare che il sottomarino sia sul fondo del mare e che le persone siano ancora vive, ma sono possibili altri scenari. Anche se la speranza è scarsa, andremo fino in fondo”.
Lunedì, in una rapida conferenza stampa, la Guardia Costiera ha fatto sapere che l’ultimo contatto avuto con il sommergibile risale a circa un’ora e 45 minuti dopo l’immersione.