Washington è la città dove presente, passato e futuro si mischiano creando incertezze politiche per decisioni prese ora su fatti che riguardano vecchie magagne avvenute anni fa, ma le cui ripercussioni potrebbero ostacolare il lavoro futuro di chi sta alla Casa Bianca
La Corte Suprema ha accettato oggi di occuparsi di un caso che potrebbe autorizzare i membri della minoranza della Camera e del Senato a costringere il ramo esecutivo a fornire informazioni agli investigatori del Congresso.
I giudici hanno concordato di esaminare un caso iniziato quasi sei anni fa dai democratici che frustrati, visti inutili i tentativi di ottenere i documenti relativi alle indagini sugli ospiti di un albergo di Washington allora gestito dalla holding dell’ex presidente, si rivolsero alla giustizia. Ma come in tutte le cause civili contro l’ex presidente, i suoi avvocati hanno fattodi tutto per rallentare il giudizio e ora che Trump non è più presidente e l’albergo è stato venduto sono pronti a pronunciarsi.
Nel 2017 all’ex presidente venne contestato che le stanze, durante la sua presidenza, venivano affittate anche se nessuno ci andava da paesi stranieri, inclusa Cina, Russia, Turchia, Malaysia, Arabia Saudita, Qatar ed Emirati per avere unrapporto privilegiato con la Casa Bianca. Una tangente secondo i democratici per avere l’orecchio della Casa Bianca.
Visti gli ostacoli della magistratura i democratici rispolverarono una legge federale vecchia di 95 anni comunemente nota come “la regola dei sette membri”, che consente a sette membri qualsiasi del Comitato della Camera di richiedere documenti a qualsiasi istituzione del governo federale. Una regola usata raramente che consente ai membri della minoranza – in genere in gran parte esclusi dal potere decisionale – di richiedere informazioni significative alle agenzie federali e alla Casa Bianca. La norma, entrata in vigore nel 1928, si applica anche alla commissione per gli affari di governo del Senato, dove bastano solo cinque membri della minoranza per imporre informazioni.
Il caso mette l’amministrazione Biden nella scomoda posizione di allinearsi con Trump. Lo scorso novembre, il Dipartimento di Giustizia, dopo sei anni che la richiesta avanzata nel 2017 era stata rimbalzata da tribunale ordinario alla Corte d’Appello, è stato chiesto ai magistrati della Corte Suprema di occuparsi del caso, poichè due dei tre magistrati d’appello hanno sostenuto la validà della regola e il terzo si è opposto chiedendo la decisione della massima corte giudiziaria. Decisione in linea con la posizione dell’amministrazione Biden – anch’essa allineata con Trump di dover rispondere solo alle richieste della maggioranza e non anche a quelle della minranza.
Il Solicitor General, Elizabeth Prelogar, responsabile della conduzione e della supervisione di tutti i contenziosi della Corte Suprema per conto del governo federale lo “statuto dei sette saggi” ha detto ai giudici che i tribunali non hanno giurisdizione ai sensi della Costituzione per far rispettare questa regola e che dare alla magistratura tale potere creerebbe seri pericoli all’indipendenza del potere esecutivo.“Il Congresso può fornire responsabilità solo attraverso l’esercizio dei suoi poteri legislativi. Non può trascinare i tribunali federali nelle sue indagini”, ha scritto Prelogar.

Il caso Trump relativo all’hotel, che probabilmente verrà discusso in autunno, è stato avviato nel novembre 2017 dall’allora presidente della Commissione Oversight and Government Reform Committee, Elijah Cummingsdemocraatico del Maryland. Dopo la morte di Cummings nel 2019, è stato portato avanti dal suo successore della Commissione, la congresswoman Carolyn Maloney, democratica di New York, che ha lasciato il Congresso all’inizio di quest’anno dopo essere stata sconfitta alle primarie democratiche dal congressman Jerry Nadler.
Trump aveva ottenuto un contratto d’affitto per l’Old Post Office Building, l’ufficio federale delle poste che trasformò poi nel Trump International Hotel ad un isolato dalla Casa Bianca lungo Pennsylvania Avenue. L’anno scorso ha venduto l’affitto e l’hotel a un gruppo di investitori per 375 milioni di dollari. L’hotel è stato rinominato Waldorf Astoria Washington, D.C., affiliato alla catena Hilton Hotels.
Sempre a Washington la montagna di rivelazioni promessa dall’amministrazione Trump quando venne nominato da William Barr il consigliere speciale John Durham, per indagare sulle forzature dell’Fbi nella vicenda del Russiagatenon ha prodotto nessun risultato.
Il rapporto di circa 300 pagine preparato da Durham elenca una serie di passi falsi da parte dell’FBI e del Dipartimento di Giustizia che avviarono un’indagine politicamente esplosiva nel pieno delle elezioni del 2016 per stabilire se la campagna elettorale di Trump fosse collusa con la Russia.
Durham ha criticato l’FBI per aver aperto un’indagine a tutti gli effetti basata su “intelligence non analizzata e non corroborata”, affermando che la velocità con cui lo ha fatto è stata una deviazione dalla norma. L’operazione “CrossfireHurricane”, il nome in codice che l’Fbi aveva dato alle indagini, sarebbe stata lanciata con “pregiudizio di conferma”, ignorando o razionalizzando l’incertezza delle prove di una cospirazione Trump-Russia spingendo per indagare. Tante critiche, ma nessuna prova che l’apertura delle indagini sia stato fatto per una decisione politica. Anche perché i due direttori dell’FBI al centro della controversia erano stati entrambi nominati, e silurati, da Trump.
Il rapporto di Durham, aspramente critico nei confronti dell’FBI, non offre nessuna novità e in 4 anni di indagini non ha dato nessun risultato se non il patteggiamento di un avvocato dell’Fbi per una lettera scritta usando il nome di Hillary Clinton. Ciò nonostante darà nuovo vigore ai repubblicani alla Camera che hanno avviato le proprie indagini sulle inchieste dell’Fbi e del Dipartimento della Giustizia accusati di usare le loro inchieste come arma politica. Inoltre parte delle accuse di Durham mosse sul modo operativo delle indagini sono decadute da anni dopo che è stata varata una nuova procedura per quelle indagini che potrebbero avere riflessi politici.
Durham, ex procuratore federale nel Connecticut, è stato nominato nel 2019 dal procuratore generale di Trump, William Barr, poco prima che Trump lasciasse la Casa Bianca e dopo che il consigliere speciale Robert Mueller aveva completato la sua indagine per stabilire se la campagna di Trump del 2016 fosse stata collusa con la Russia.
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