Tutti si aspettavano uno tsunami di migranti negli USA dopo la scadenza del Title 42, una norma emergenziale che li aveva tenuti lontani dal confine meridionale degli Stati Uniti per più di 3 anni.
Eppure, a giudicare dalle statistiche ufficiali, il paventato assalto non c’è stato – o quantomeno non in misura superiore a quando il Title 42 era ancora in vigore.
Un funzionario dell’amministrazione Biden ha rivelato che venerdì (il primo giorno post-transizione) gli agenti di frontiera hanno preso in custodia circa 6.300 migranti. Un numero che non solo è sensibilmente inferiore ai dati catastrofistici preannunciati dai repubblicani (e non). Ma che è paradossalmente in calo anche rispetto ai numeri registrati nei giorni precedenti la scadenza del Title 42 – che hanno fatto registrare un picco di 10.000 ingressi al giorno.
Secondo gli esperti del Governo federale, tuttavia, l’inatteso calo dei flussi migratori non deve trarre in inganno: i 6.300 arrivi giornalieri, che rimangono ben al di sopra della media, risentono di un calo fisiologico proprio dopo il boom di arrivi della prima metà di maggio. Ed è peraltro sempre più vicina l’estate, stagione in cui tradizionalmente gli attraversamenti (legali o non) alla frontiera meridionale aumentano esponenzialmente.
Il vice capo della pattuglia di frontiera Matthew Hudak ha dichiarato che le guardie di confine si aspettano una media di 12.000-14.000 ingressi giornalieri. Il timore rimane quello che la ripresa dei flussi faccia implodere i centri di accoglienza e le strutture di detenzione – che già ospitano più di 20.000 immigrati.
A gettare benzina sul fuoco ha poi pensato la decisione di un giudice federale della Florida, che venerdì ha sospeso una norma che permetteva alle guardie di frontiera di liberare rapidamente alcuni migranti a basso rischio per impedire il collasso delle strutture di accoglienza.