Trump Colpevole sia per l’aggressione sessuale che per aver diffamato la giornalista e scrittrice E Jean Carrol. Così hanno deciso i nove giurati, sei uomini e tre donne, che hanno emesso il verdetto solo dopo due ore e mezzo di camera di consiglio. I giurati hanno anche condannato l’ex presidente al risarcimento dei danni per 3 milioni di dollari per la violenza sessuale e per 2 milioni per la diffamazione.
Un procedimento giudiziario di diritto civile per accuse criminali dopo che New York lo scorso anno aveva approvato l’Adult Survivors Act, un provvedimento della durata di un anno che dava facoltà alle vittime di abusi sessuali di poter citare in giudizio, ma solo per chiedere il risarcimento dei danni, le persone che in passato le avevano aggredite sessualmente anche se i termini per la denuncia erano scaduti. E Jean Carrol in un suo libro aveva reso noto che Donald Trump l’aveva stuprata in un camerino del negozio Bergdorf and Goodman. Dopo la pubblicazione del libro Trump l’aveva chiamata “bugiarda”. Da qui l’accusa della donna di essere stata diffamata.
Donald Trump ora dovrà pagare 5 milioni di dollari, ma non rischia il carcere. Questo verdetto inevitabilmente influenzerà l’elettorato e condizionerà la sua aspirazione di tornare alla Casa Bianca.
Poiché poi il procedimento è stato di diritto civile gli standard per il verdetto sono stati differenti. Il procedimento penale richiede ai giurati di esprimere il parere al di sopra di ogni ragionevole dubbio, mentre nel procedimento civile i giurati debbono esprimere la loro decisione in base alla preponderanza delle prove e delle testimonianze. Il che significa che la giuria si è pronunciata a favore di Carroll ritenendo che l’incidente “probabilmente” si è verificato, piuttosto che decidere che si è verificato “oltre ogni ragionevole dubbio”.
“Trump è un testimone contro sé stesso, aveva detto l’avvocata Roberta Kaplan nella sua requisitoria. Nessuno è al di sopra della Giustizia. Neanche l’ex presidente degli Stati Uniti”. E i giurati le hanno creduto.
E Jean Carroll è uscita sorridente dal tribunale di Manhattan, dopo la lettura del verdetto accompagnata dalla sua avvocata. Le due donne sono salite in auto senza rilasciare dichiarazioni ai numerosi reporter presenti.
In aula, dopo il verdetto, il giudice Lews Kaplan si è rivolto ai membri della giuria, ora liberi di rendere nota la propria identità pubblicamente. Il magistrato aveva deciso di non rendere pubblico il loro nome. “Il mio consiglio è di non rendere pubblica la vostra identità: non fatelo ora e non fatelo per molto tempo. Se decidete di parlare con altre persone e di identificarvi, non fornite informazioni sull’identità degli altri giurati”.
“Non so chi sia questa donna – ha scritto Trump sulla sua piattaforma social Truth commentando la decisione della giuria- questo verdetto è una vergogna. Una continuazione della più grande caccia alle streghe di tutti i tempi”.
E’ calato così il sipario dopo due settimane su un processo che passerà alla storia e che lascerà una macchia indelebile sull’immagine dell’ex presidente e sui suoi rapporti con le donne. Da capire quale sarà ora l’impatto sulle aspirazioni politiche dell’ex presidente che domani sera dovrà partecipare ad un incontro con gli elettori repubblicani e indipendenti del New Hampshire organizzato dalla stazione televisiva CNN.
“Quando ho scritto della violenza, lui ha negato. Ha mentito e ha distrutto la mia reputazione. Sono qui per riprendermi la mia vita”, aveva detto dal banco dei testimoni la giornalista. Trump invece ha scelto di non comparire al processo, limitandosi ad una deposizione privata poi mostrata ai giurati in cui è finito col testimoniare contro se stesso: prima affermando che Carroll non era il suo “tipo”, salvo confonderla poi con l’ex moglie Marla Maples, poi confermando quanto detto al programma televisivo Access Hollywood che quando uno è una star come lui può baciare o prendere impunemente le donne per il loro organo genitale.
La giornata era cominciata male per l’ex presidente dopo che ieri sera il giudice di New York Juan Merchan, che presiede il procedimento giudiziario in cui l’ex presidente è stato rinviato a giudizio con 34 imputazioni per aver falsificato i pagamenti fatti dalla sua società al suo avvocato di allora, Michael Cohen, per versare i soldi a Stormy Daniels e all’ex coniglietta di Playboy Karen McDougal, aveva emesso un ordine protettivo per impedirgli di condividere o postare sulle piattaforme online le informazioni ricevute dalla sua difesa sulle prove raccolte dai suoi avvocati. Il District Attorney di Manhattan Alvin Bragg aveva motivato la sua istanza con le minacce rivolte da Trump sia a lui che ad alcuni testimoni. L’avvocato di Trump invece si era opposto sostenendo che un provvedimento del genere viola i suoi diritti previsti dal primo emendamento mentre corre per la Casa Bianca.