Come ipotizzato da gran parte degli analisti, la Federal Reserve va avanti sulla strada dei rialzi dei tassi ma – alla luce dell’andamento dell’inflazione e dei rischi di recessione – limita il nuovo ritocco a 25 punti, portando il tasso di interesse al 5,25%, il massimo degli ultimi 16 anni.
Con una nota i dodici membri del Federal Open Market Committee, il Fomc, segnalano “una crescita modesta dell’attività economica nel primo trimestre” mentre “la crescita dei posti di lavoro è stata robusta e il tasso di disoccupazione è rimasto basso”. Tuttavia – affermano – “l’inflazione rimane elevata”, un “rischio al quale il Comitato rimane molto attento”.
E’ questo il decimo ritocco della Fed in poco più di un anno. Il Fomc ha segnalato che smetterà di aumentare i costi di indebitamento man mano che l’economia rallenta e crescono i timori di una recessione.
A complicare la decisione della Fed – ha spiegato Jerome Powell nella conferenza stampa successiva alla decisione di aumentare il tasso di sconto – sono state le continue ripercussioni della crisi bancaria di queste ultime settimane facendo capire che le conseguenze dei fallimenti della Silicon Valley Bank e della Signature Bank rallenteranno l’economia. I tremori nel sistema finanziario hanno reso le banche più riluttanti a prestare denaro, frenando la domanda in un modo che imita un aumento dei tassi di interesse.
La Fed riconosce come sia “probabile che condizioni di credito più restrittive per famiglie e imprese pesino sull’attività economica, sulle assunzioni e sull’inflazione” anche se – spiega – “la portata di questi effetti rimane per ora incerta”.

Jerome Powell, ha detto che la Federal Reserve non ha preso una decisione definitiva se smettere di alzare i tassi di interesse lasciando aperta questa possibilità in caso di un rallentamento dell’economia. Infatti nella dichiarazione conclusiva del Fomc, si segnala come “il Comitato sarebbe disposto a modificare opportunamente l’orientamento della politica monetaria qualora emergano rischi che potrebbero ostacolare il conseguimento degli obiettivi” prefissati. Parole che sembrano indicare una preoccupazione sui rischi di recessione legati alla contrazione del credito, provocata dai rialzi: nelle prossime decisioni – si sottolinea – si “terrà conto di un’ampia gamma di informazioni, compresi i dati sulle condizioni del mercato del lavoro, le pressioni inflazionistiche e le aspettative di inflazione, nonché gli sviluppi finanziari e internazionali”.
La Fed conferma comunque la continua riduzione del bilancio con il calo delle partecipazioni in titoli del Tesoro e titoli di debito di agenzie e titoli garantiti da ipoteca di agenzie.
Ora, la Fed deve aspettare per vedere se le sue politiche stanno domando l’inflazione rallentando l’economia, o se i politici si sono già spinti troppo oltre.
Casa Bianca e Congresso hanno trascorso questi ultimi due giorni a discutere se il prevedibile aumento dei tassi di interesse è la giusta medicina contro l’inflazione o se ci sarà più lavoro da fare per aumentare i costi di indebitamento e frenare la domanda per tutti i tipi di investimento, dai mutui ai prestiti auto, alle assunzioni aziendali.
Inevitabilmente questa decisione peserà sulle schermaglie tra la Casa Bianca e la Camera dei Rappresentanti sull’alzamento del tetto di spesa perché in un momento così delicato l’economia americana non può permettersi di andare in default, uno scenario che potrebbe destabilizzare i mercati globali e devastare l’economia.
Il segretario al Tesoro Janet L. Yellen ha detto lunedì ai legislatori che il governo potrebbe rimanere indietro con i suoi conti già dal 1 Giugno se il Congresso non consentirà di prendere in prestito più denaro. Il presidente Biden ha convocato una riunione dei leader del Congresso alla Casa Bianca la prossima settimana per tentare di risolvere la crisi.