Le beffe della vita. Il giorno dopo che l’ex presidente è stato formalmente incriminato con 34 capi d’imputazione per falso in bilancio e finanziamento illegale della sua campagna elettorale, Stormy Daniels, la porno attrice al centro della vicenda del rinvio a giudizio dell’ex presidente, è stata condannata, in un caso separato, da un giudice della corte d’appello della California.
Dovrà pagare 122 mila dollari per le spese legali degli avvocati di Trump per una causa per diffamazione. Una condanna questa che si aggiunge a quella emessa in precedenza dallo stesso magistrato per la quale Stormy Daniels deve risarcire con 500 mila dollari in danni punitivi l’ex presidente. La donna aveva citato in giudizio Trump per diffamazione dopo che l’ex presidente con un tweet del 18 aprile 2018 l’aveva definita “imbrogliona totale”.
Un “cinguettio” che diede fastidio a Stormy Daniels che giorni dopo si rivolse alla magistratura accusando l’ex presidente anche di aver mandato un uomo che l’aveva minacciata in un parcheggio per farla tacere sulla loro relazione. Il giudice Samuel James Otero, ha affermato che la dichiarazione di Trump era protetta dal primo emendamento. E quindi l’ha condannata.
Gli avvocati della Daniels hanno fatto appello sostenendo che le spese legali erano troppo alte, ma hanno perso ed è stato loro ordinato di pagare a Trump 121.972 dollari. Il legale dell’ex presidente, Harmeet Dhillon, ha celebrato la decisione del magistrato, scrivendo su Twitter: “Congratulazioni al presidente Trump per questa vittoria finale a suo favore questa mattina”.
Dopo la condanna Stormy Daniels ha affermato che “andrà in prigione prima che io paghi un centesimo” a Trump.
Il giorno dopo lo storico rinvio a giudizio gli avvocati dell’ex presidente hanno espresso seri dubbi sulla forza del caso presentata dal procuratore distrettuale di Manhattan Alvin Bragg.

Molti avvocati sono rimasti delusi dal contenuto dell’accusa che si basa su una teoria legale relativamente non testata per elevare un crimine contabile (punibile con una multa), ad un reato penale (punibile con la prigione).
La falsificazione di documenti aziendali è un crimine nello Stato di New York quando c’è l’”intenzione di frodare”. Nella scala delle violazioni aumenta di grado se la falsificazione è fatta con l’intenzione di “commettere un altro crimine o cercare o nascondere” un altro crimine. In questo caso, i pubblici ministeri hanno legato la falsificazione dei registri contabili dell’azienda dell’ex presidente con l’intento di nascondere i pagamenti a Stormy Daniels e a Karen McDougal poco prima delle elezioni del 2016. Scandali che in campagna elettorale avrebbe potuto fargli perdere le elezioni. Da qui l’interpretazione da parte della Procura Distrettuale che i soldi usati per tacitare le due accusatrici siano stati un indiretto finanziamento elettorale. La logica lega questa tesi. Tutto da vedere come in aula i pubblici ministeri sapranno legare le due vicende.
Gli scettici affermano che l’accusa ha fatto poco per sciogliere i dubbi su questa teoria che in precedenza aveva bloccato lo stesso procuratore distrettuale di Manhattan e anche i pubblici ministeri federali di portare avanti il caso. Le probabilità, e la logica, vogliono che i due casi siano collegati, ma in tribunale i giurati che debbono emettere una sentenza devono basare la loro decisione oltre ogni ragionevole dubbio. E i dubbi che i pagamenti effettuati a Stormy Daniels e Karen McDougal debbano essere considerati come finanziamenti illegali alla campagna elettorale di Trump restano.
La giornalista editorialista del Washington Post Ruth Marcus ha fatto eco a questi sentimenti definendo l’accusa “inquietantemente poco illuminante” e basandosi su una teoria legale che è “discutibile nella migliore delle ipotesi, snervantemente fragile nella peggiore”.

Richard Hasen, dell’Università della California, professore di diritto elettorale, ha definito l’accusa un “errore”. Ha sostenuto che altri casi in corso contro Trump hanno basi legali molto più solide. “È prevedibile che questo caso venga archiviato per mancanza di elementi legali o che resti bloccato in tribunale ben oltre le elezioni del 2024”, ha scritto Hasen.
David Frum, un repubblicano critico di Trump e scrittore dei discorsi di George W. Bush, ha sostenuto che questo è il caso sbagliato per incriminare Trump. “Non è abbastanza”, ha scritto su The Atlantic.
I pubblici ministeri hanno spinto affinché il processo inizi a gennaio, mentre il team di difesa di Trump ha chiesto che inizi “più tardi nella primavera” del prossimo anno.
Se il procedimento giudiziario proseguirà ci sarà Trump oltre che a lottare per dimostrare la sua innocenza in tribunale sarà in campagna elettorale in Iowa e New Hampshire, che tengono i loro caucus/primarie il 5 e il 13 febbraio. Da un lato, il processo potrebbe limitare la sua partecipazione nella campagna elettorale. Dall’altro sarebbe un megafono e riceverebbe un’attenzione mediatica che metterebbe in secondo piano i suoi principali rivali.
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