Il futuro della libertà di parola negli Stati Uniti potrebbe passare da… una bottiglia di Jack Daniel’s.
La Corte Suprema è infatti chiamata a pronunciarsi su un caso relativo a un giocattolo per cani molto simile all’iconica bottiglia di whiskey, in un caso che potrebbe cambiare il modo in cui il sistema giudiziario interpreta i diritti costituzionali di libertà di parola in relazione al diritto dei marchi.
I nove giudici si riuniranno mercoledì per definire il confine tra una parodia – protetta dal Primo Emendamento della Costituzione – e una contraffazione del marchio. La decisione finale è attesa per la fine di giugno.
La Jack Daniel’s Properties Inc di Louisville, nel Kentucky, sta contestando la sentenza di un tribunale di grado inferiore secondo cui il giocattolo da masticare “Bad Spaniels” prodotto dalla VIP Products LLC, con sede a Phoenix, si qualifica come “opera espressiva” coperta dal Primo Emendamento.
L’esilarante giocattolo a tema canino imita infatti le note bottiglie di whisky Jack Daniel’s, sostituendo “Old No. 7” con “the Old No. 2, sul tuo tappeto del Tennessee” e le descrizioni alcoliche con “43% cacca” e “100% puzzolente”.
Un verdetto a sfavore di Jack Daniel’s preoccupa diverse aziende che temono di veder indebolito il controllo sui propri marchi e sulla propria reputazione. Altri sostengono che una decisione a favore del produttore di whisky limiterebbe il diritto alla libera espressione.
“Jack Daniel’s ama i cani e apprezza le battute come chiunque altro”, ha dichiarato l’azienda in una dichiarazione. “Ma Jack Daniel’s ama ancora di più i suoi clienti e non vuole che questi confondano o associno il suo buon whisky alle feci canine”.
Nella sua decisione del 2020 a favore di VIP, la Corte d’Appello del 9° Circuito degli Stati Uniti di San Francisco ha fatto riferimento a una sentenza emessa nel 1989 in una causa intentata a New York dalla star hollywoodiana Ginger Rogers. L’attrice aveva infruttuosamente provato a impedire che venisse distribuita la commedia satirica Ginger e Fred, realizzata da Federico Fellini nel 1986 – e che ironizzava proprio la collaborazione tra l’attrice e Fred Astaire.
Secondo questo precedente, i marchi possono essere utilizzati dagli artisti se sono artisticamente appropriati e non inducono intenzionalmente i clienti a credere che il titolare del marchio sostenga l’opera.
Jack Daniel’s sostiene che, nel caso in cui i Justices federali suffraghino quest’opinione, “chiunque potrebbe utilizzare un marchio famoso per vendere sex toys, giochi alcolici o bong di marijuana, ingannando i clienti e distruggendo miliardi di dollari di avviamento, il tutto in nome del semplice divertimento”.
A dare manforte alla celebre azienda di alcolici c’è anche la Casa Bianca, oltre a nomi grossi dell’imprenditoria statunitense – come Nike, Patagonia, Levi Strauss, e la zuppa Campbell. Dall’altra parte della barricata, invece, un gruppo di professori di proprietà intellettuale sostiene che il Primo Emendamento sia “sotto attacco da parte di proprietari di marchi che mancano di senso dell’umorismo, monopolizzano la discussione sui loro marchi ed esagerano il danno che i riferimenti espressivi causano ai loro marchi”.