Siamo giunti al triste anniversario di un anno dall’inizio della guerra in Ucraina. Una guerra che aveva sconcertato noi cittadini europei per la facile identificazione con i cittadini ucraini così vicini territorialmente. Un conflitto che ha finito, nel corso di questo anno, con il dividere le opinioni delle popolazioni all’interno di molti paesi europei: continuare a rifornire l’Ucraina di armamenti o sollecitare con forza il processo diplomatico delle trattative di pace. Due posizioni apparentemente inconciliabili.
I discorsi di Putin e di Biden del 21 febbraio, evidenziano come le prospettive di pace siano per ora lontane nonostante si contino 150.000 morti sul fronte ucraino e altrettanti sul fronte russo, secondo le stime occidentali, 30.000 civili ucraini vittime del conflitto e ben otto milioni di donne, bambini e anziani ucraini costretti a lasciare il paese. In questo apocalittico scenario, La voce di New York si è confrontata con il professor Federico Varese, sociologo presso la Università di Oxford, sulla questione ucraina.

Professore Varese come ha interpretato i discorsi di Putin e Biden del 21 febbraio scorso?
Putin ha fatto un discorso retorico e propagandistico attribuendo tutta la colpa agli occidentali e agli USA, non curandosi delle conseguenze dell’aggressione subita dall’Ucraina, unica vittima di questo conflitto. Biden ha sfruttato il palcoscenico per riaffermare l’impegno nel sostegno militare alla Ucraina rilanciando la promessa di incorporarla fra i paesi occidentali al termine del conflitto. Quello di Putin mi è sembrato un discorso rivolto all’interno del suo paese; invece, Biden ha assunto un ruolo di leader per i paesi EU e non EU, che non approvano l’aggressione russa. In realtà il vero problema, per Biden è la posizione che assumeranno paesi come la Cina, il Brasile e l’India.
Non pensa che ci sia una mancanza di interesse a facilitare le trattative verso gli accordi per la pace?
Non vedo come si possa giungere ad accordi diplomatici con Putin. A lui spetta di dovere fare degli atti concreti per dimostrare la volontà di un raggiungimento della pace. Un atto concreto potrebbe essere quello di ritirarsi dalle zone conquistate.

Un obiettivo ben lontano dall’essere raggiunto considerando che Putin non ha mai smesso di asserire che la presenza degli armamenti degli USA posizionati in Ucraina costituivano una minaccia per il suo paese.
La vera paura di Putin non sono mai stati gli armamenti presenti in Ucraina, piuttosto, la ragione della aggressione della Russia sul terreno ucraino è stata motivata dalla paura di vedere una Ucraina dirigersi progressivamente sempre più verso un sistema democratico. Una democrazia alle porte della Russia potrebbe rappresentare un esempio da seguire per le popolazioni delle ‘democrature’ della vecchia Unione Sovietica e della Russia stessa. Un esempio quindi da debellare sul nascere.
Dietro il concetto di democrazia si cela una guerra per procura fra gli USA e la Russia, combattuta sul terreno ucraino dagli ucraini. Siamo sicuri che i valori della democrazia e la riconquista dei territori devono essere difesi al costo di tante vite umane? E non è ipocrita da parte dei paesi alleati con la Ucraina continuare a mandare armi e non corpo militare se è vero che vogliamo la vittoria dell’Ucraina?
Non mandare uomini per il momento è cosa saggia. Mi sembra che a questo punto del conflitto si sia trovato un equilibrio, non ideale ma pur sempre un equilibro. Gli ucraini hanno da sempre dato prova di grande patriottismo e capacità di opporre una valorosa resistenza. Intanto l’economia russa arranca. Putin ha dovuto ricorrere a due stratagemmi molto efficaci in Russia: l’incentivazione di un forte indottrinamento propagandistico unito a disinformazione e un sistema totalitario sempre più feroce. Questo è il motivo per cui ancora oggi, nonostante gli effetti negativi della guerra, Putin ha una grande influenza nel suo paese.

In Italia la popolazione è divisa fra un 50% che sostiene l’invio di armi, il 45% che vuole la pace subito e e il 5% apertamente filorusso secondo un sondaggio di fine gennaio di Eumetra. Lo stesso Papa Francesco pochi giorni fa ha nuovamente invocato la pace: “ Un conflitto assurdo e crudele. È stato fatto tutto il possibile per fermarlo?”
Il Papa sbaglia. Il conflitto non può essere visto in questo modo. Andare alle trattative, in questo momento, può significare per l’Ucraina la perdita di troppi territori. In Italia la popolazione è fortemente divisa come sono divisi i partiti. La guerra tocca trasversalmente i partiti di destra e di sinistra e li divide nel proprio interno. Sia la sinistra che la destra hanno fra i loro componenti un forte disaccordo su come fronteggiare il confitto. Questa contrapposizione si riflette sull’opinione degli italiani.
Intanto in Italia i vari movimenti pacifisti hanno organizzato tre giorni di manifestazioni in occasione dell’anniversario della guerra. Ieri, 23 febbraio si è svolta la camminata notturna da Perugia ad Assisi fino alla tomba di San Francesco, la giornata del 24 Febbraio vedrà la città di Bologna protagonista di importanti eventi dei movimenti pacifisti, le manifestazioni avranno termine il 25 febbraio a Roma con un fiaccolata dal Colosseo fino al Campidoglio, alla presenza di Andrea Riccardi, fondatore della comunità di Santo Egidio e Maurizio Landini, segretario nazionale della CGIL. Tutto per chiedere la pace.
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