Per Donald Trump la creatività anche spudorata, al limite della legittimità, è sempre stata l’anima delle attività commerciali, culturali e filantropiche. Prima durante e dopo la presidenza.
La denuncia dei redditi e gli uomini dell’Internal Revenue Services, invece, il nemico storico da battere, bypassare e confondere. Da sempre. Adesso però che la commissione del Congresso è stata autorizzata a pubblicare sei anni di tasse, protette con schiere di avvocati, si capisce perché certi segreti fiscali all’apparenza civettuoli venissero custoditi così gelosamente.
Leggere che il presidente ha speso $70,000 dollari in un solo anno per avere sempre un ciuffo impeccabile fa sorridere molti, perché forse la moglie Melania tra shampoo e balsami ne ha spesi meno. Ma giustificarli come rimborso spese per il servizio che rendeva al paese forse è un tantino comico anche per gli agenti del fisco. Di sicuro per un’onda perfetta e antivento come la sua, di soldi deve averne spesi sempre molti e non ha cominciato con la corsa alla Casa Bianca. Questa volta, però, il costo è passato ai cittadini.
Trump non è mai stato troppo fortunato nei programmi più spericolati. Quando ha aperto la Trump University promettendo lezioni dal vivo ogni semestre per giustificare le decine di migliaia di dollari che gli studenti dovevano pagare, nella speranza e con la promessa di diventare come lui studiando sui suoi libri, si è ritrovato con una causa collettiva per frode che ha messo a tacere risarcendo i truffati con 25 milioni di dollari.
Quando con la Trump Foundation senza scopo di lucro prometteva stupende iniziative di carità, si scoprì (costringendolo a chiudere) come i fondi raccolti non fossero esattamente destinati a progetti filantropici, ma rientrassero nelle casseforti di famiglia dopo un lungo e tortuoso giro. Così come i finanziamenti al partito repubblicano avevano spesso come Iban finale la Trump Tower.
Ma i capelli cosa c’entrano in tutto questo? Vi siete mai chiesti quanto possa costare un “figaro mobile” in America pronto a dare l’ultimo colpo di pettine o di lacca nel cuore della notte nella cabina presidenziale dell’Air Force One?
Ma allora perché scandalizzarsi per qualche migliaio di “messe in piega” considerate rimborsi, come se fossero le medicine per il diabete, se l’ex presidente degli Stati Uniti pur di non lasciarsi scappare il barbiere federale ha mobilitato i gruppi estremisti per dare l’assalto al Congresso esattamente due anni fa?
Il vero timore per Donald adesso è veder esaminate le sue cartelle fiscali da un funzionario calvo dell’ufficio delle entrate. Lui non sa nemmeno cosa sia il culto dei capelli e potrebbe considerare i $70,000 dollari spesi da Trump una deduzione criminale.