Kevin McCarthy non ce l’ha fatta neanche alla terza votazione, accentuando l’umiliante bocciatura dei suoi compagni di partito. Per la prima volta dal 1923, 100 anni fa, il Congresso non ha eletto lo speaker alla prima votazione.
Il deputato californiano, osteggiato dall’ala estremista del partito, ha ottenuto nella terza votazione solo 202 voti, facendosi superare dal candidato democratico Hakim Jeffries che ne ha avuti 212. Si tratta di un umiliante risultato per McCarthy dato che il suo partito ha la maggioranza alla Camera.
Questa 118/ma legislatura nasce nel mezzo della battaglia che sconquassa il partito repubblicano. Alla prima votazione diciannove parlamentari repubblicani, quasi tutti del Freedom Caucus, seguaci dell’ex presidente Donald Trump, avevano bloccato l’elezione di McCarthy votando per candidati alternativi. Stessa cosa anche nella seconda votazione, con la differenza che questa volta, sotto la direzione del congressman Paul Gozar, i voti dei dissenzienti si sono concentrati sul parlamentare Jim Jordan, fedelissimo dell’ex presidente Donald Trump. Nella terza votazione i voti dei dissidenti sono diventati 20.
Il Congresso è formato da 435 parlamentari. Il partito che ottiene più di 218 parlamentari prende la maggioranza. I Repubblicani alle elezioni di Midterm hanno conquistato 222 seggi, ma cinque di loro, tutti trumpiani, già nei giorni scorsi avevano fatto sapere di non aver alcuna intenzione di votare per McCarthy, considerato troppo legato al vecchio establishment del partito. A loro si erano aggiunti altri 14 dissenzienti che mal digeriscono l’arroganza di McCarthy. In pratica questi diciannove parlamentari dell’estrema destra stanno bloccando i lavori della maggioranza. Anche se McCarthy nelle prossime elezioni dovesse essere eletto speaker della Camera dovrà confrontarsi con questa realtà all’interno del suo partito. Un gruppo estremista che non ha capito che i modesti risultati elettorali delle elezioni di Midterm sono il frutto del loro radicalismo.
Una delle clausole che questa minoranza voleva imporre a McCarthy per dare il sostegno alla sua candidatura era quella che bastava il voto di un esiguo numero di parlamentari per sfiduciare lo speaker della Camera. McCarthy si è rifiutato di accettare la proposta e il gruppo ha bloccato la sua elezione.

Negli anni scorsi gli ex speaker repubblicani John Boehner e Paul Ryan si erano dovuti dimettere a causa dei dissidi proprio con gli estremisti del Freedom Caucus. Questa intransigenza è cresciuta durante i quattro anni di presidenza di Donald Trump. Quasi tutti i parlamentari del Freedom Caucus continuano ad avallare le bugie elettorali dell’ex presidente. I due leader del movimento Paul Gosar e Andy Biggs, entrambi dell’Arizona, sono i parlamentari che hanno chiesto i riconteggi elettorali nello stato e sono quelli che dietro le quinte hanno allontanato dal partito nel loro stato tutti i repubblicani che non erano seguaci di Trump.
L’umiliante triplice bocciatura di McCarthy trasmessa in diretta da alcuni canali della televisione americana rende pubblico lo scontro in atto fra l’ala trumpiana e quella più moderata del partito. Molti parlamentari hanno portato al Congresso i loro familiari per farli assistere alla cerimonia di insediamento. Le telecamere si soffermano durante le pause delle votazioni sui congiunti dei parlamentari neoeletti che con i bambini in braccio aspettano pazientemente che i propri familiari possano fare il giuramento di rito, ma se non si elegge prima il leader della maggioranza tutta l’attività parlamentare è bloccata.
Al Senato, dove i democratici hanno mantenuto la maggioranza, i repubblicani hanno riconfermato come leader di minoranza Mitch McConnell. Il senatore del Kentucky è così diventato il leader di partito con più anzianità di servizio nella storia del Senato.
Poiché è così raro che l’elezione dello speaker della Camera richieda più di un voto, ci sono pochi precedenti moderni su come porre fine alla confusione seguita dopo che Kevin McCarthy non ha ottenuto i voti per la nomina di speaker.
Nel tardo pomeriggio i repubblicani hanno chiesto l’aggiornamento dei lavori a domani a mezzogiorno. Una pausa che potrebbe essere letale per i sogni di McCarthy: vista l’impasse molto probabilmente la maggioranza cercherà un candidato che possa trovare quel minimo accordo all’interno del partito per ottenere i consensi alla nomina di speaker e il nome di Steve Scalise, il congressman italoamericano della Louisiana gravemente ferito in un attentato alcuni anni fa, sembra prevalere sugli altri.