Non importa che soltanto un immigrato su dieci giunti in Italia dopo aver attraversato il Mediterraneo, tocchi terra grazie a una nave delle organizzazioni non governative. Le Ong vanno criminalizzate, debbono essere additate all’opinione pubblica come la causa di tutti i mali, come i “taxi del mare” al servizio dei trafficanti, anche se, in base agli ultimi dati dell’Ispi (Istituto per gli Studi di Politica internazionale) hanno raccolto non più del 14 per cento dei 102 mila migranti sbarcati nel 2022. E debbono meritarsi un decreto legge concepito con astuzia, che le metta in riga. Quello appena approvato dal governo a guida Giorgia Meloni, su proposta del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.
Vengono abbandonati i proclami sguaiati dei primi di novembre, quando si dava licenza di sbarco soltanto alle “persone fragili”, lasciando sulla nave tutte le altre, definite “carico residuo”. Il codice di comportamento esposto dal decreto del governo concede sì alle Organizzazioni non governative la possibilità di condurre in salvo i naufraghi incontrati sulla loro rotta: ma attenzione, soltanto un’operazione di salvataggio viene autorizzata. Deve essere avvisato immediatamente il centro di coordinamento competente, che assegnerà loro il porto di sbarco, da raggiungere senza fare deviazioni. Mentre navighi trovi altre barche e gommoni che stanno affondando, con donne e bambini che rischiano di annegare? Niente da fare. Puoi solo avvertire del ritrovamento e, se non ti viene concesso il permesso di fermarti, sperare che le autorità mandino qualcun altro a impedire che il Mediterraneo inghiotta quella povera gente. Vietato anche accettare naufraghi da altre barche impegnate nei soccorsi: tutti quegli interventi, insomma, che passano sotto il nome di “salvataggi plurimi”.
E in quali porti di sbarco le navi Ong verranno dirottate? Il decreto naturalmente non lo precisa, ma con tutta probabilità si continuerà a seguire la prassi delle ultime settimane, finalizzata ad ostacolare il lavoro benemerito delle Organizzazioni non governative: il più lontano possibile dalla Sicilia. Per esempio a Livorno, come è accaduto pochi giorni fa, o addirittura in porti dell’Italia settentrionale. Non c’è però solo il divieto di “soccorso plurimo”, nel decreto del governo. Un punto centrale è il cambio del sistema di sanzioni e dell’autorità deputata a intervenire. Non più “anche penali”, ma esclusivamente amministrative, decidendo che non sia la Magistratura nella sua autonomia a irrogarle, bensì le Prefetture, dunque organi territoriali alle dipendenze del ministero dell’Interno. Sanzioni con effetto immediato, quindi, e di due ordini di grandezza. Ammenda da 2 a 10 mila euro al comandante che non fornisse tutte le informazioni richieste sul salvataggio, con fermo amministrativo della nave per 20 giorni. Oppure, da 10 a 50 mila euro nei casi più gravi, sino alla confisca della nave. Tra gli obblighi imposti al comandante, quello di raccogliere fra i migranti la dichiarazione di interesse a fare richiesta di protezione internazionale già a bordo. Torna dalla finestra quanto alcune settimane fa era stato cacciato dalla porta: il tentativo, cioè, di obbligare i paesi di cui le navi Ong battono bandiera, a farsi carico dell’accoglienza.
La soluzione sta soltanto in uno sforzo congiunto con gli altri paesi dell’Unione europea, e nella modifica di quel Regolamento di Dublino che obbliga il primo paese di sbarco a raccogliere le richieste di asilo. Tenendo presente, in ogni caso, che l’Italia ospita un numero ben più basso di rifugiati rispetto alla Francia o alla Germania.