A difendere l’Ucraina, in prima linea con il fucile in mano, c’è finito anche un Kennedy.
Si tratta di Conor, nipote di Bob e figlio di Robert F. Kennedy Jr., arruolato in gran segreto rivelando a una sola persona della sua partenza per “non far preoccupare la famiglia e gli amici”.
“Non ama Putin e non ama i prepotenti”, ha raccontato il padre, che oltre ad essere il nipote dell’ex presidente John F. Kennedy è anche un avvocato ambientalista famoso per promuovere da anni alcune teorie cospirative. Dal 2005 è infatti tra i più grandi sostenitori della teoria secondo la quale i vaccini sarebbero causa di autismo: una convinzione talmente radicata da averlo portato a fondare e poi dirigere il Children’s Health Defense, un gruppo di propaganda novax.

Robert Jr. ha parlato di Conor come di un ragazzo che “sentiva l’esigenza di mettersi in gioco e rischiare, per poter poi discutere del tema della guerra. Non aveva alcuna esperienza militare, ma si è comunque fatto strada. Ha partecipato a scontri a fuoco, soprattutto notturni, e a molti combattimenti di artiglieria con i russi”.
Momenti di guerra veri e propri, che è stato proprio il 28enne a raccontare in un lungo post pubblicato su Instagram.
“So che questa storia sta per uscire – ha scritto – quindi voglio dire la mia per incoraggiare gli altri ad agire. Come molte persone, sono stato profondamente colpito da ciò che ho visto accadere in Ucraina nell’ultimo anno. Volevo aiutare. Quando ho sentito parlare della Legione Internazionale Ucraina, sapevo che sarei partito, e il giorno dopo sono andato all’ambasciata per arruolarmi.
Ho detto a una sola persona qui dove mi trovavo e a una sola lì il mio vero nome. Non volevo che la mia famiglia o i miei amici si preoccupassero e non volevo essere trattato diversamente dagli altri. All’inizio non avevo alcuna esperienza militare e non ero un grande tiratore, ma sapevo trasportare cose pesanti e imparavo in fretta. Ero anche disposto a morire lì. Così hanno presto accettato di mandarmi sul fronte nord-orientale.

È spaventoso. Ma la vita è semplice e la ricompensa per aver trovato il coraggio e aver fatto del bene è notevole. I miei amici lì sanno perché sono dovuto tornare a casa. Sarò sempre in debito per il loro esempio. So di essere fortunato ad essere tornato, ma correrei di nuovo tutti i rischi che abbiamo corso.
Questa guerra, come tutte le altre, è orribile. Le persone che ho incontrato sono le più coraggiose che abbia mai conosciuto. I miei compagni di legione – che provenivano da Paesi, contesti e ideologie diverse – sono veri combattenti per la libertà. Così come i cittadini che ho conosciuto, molti dei quali hanno perso tutto nella loro lunga lotta contro l’oligarchia e per un sistema democratico. Sanno che questa non è una guerra tra pari, ma una rivoluzione.
La guerra segnerà il destino della democrazia in questo secolo. Ci sarebbe molto altro da dire sulla sua politica e sul ruolo dei governi occidentali. Per ora, mi limito a esortarvi ad aiutare a titolo personale. Unitevi alla legione, aiutate al confine o inviate forniture mediche. Ogni giorno, qualcuno lì sacrifica tutto per una pace duratura. Non si può chiedere loro di agire da soli”