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October 3, 2022
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A Washington via al processo contro gli Oath Keepers, le milizie di destra pro-Trump

Il 6 gennaio 2021 cercarono di impedire al Congresso di certificare la vittoria elettorale di Joe Biden 

Massimo JausbyMassimo Jaus
A Washington via al processo contro gli Oath Keepers, le milizie di destra pro-Trump

A crowd erected gallows hangs near the United States Capitol during the 2021 storming of the United States Capitol - wikimedia

Time: 3 mins read

“Avevano preparato un piano per una ribellione armata per frantumare le fondamenta della nostra democrazia”, ha detto l’Assistente procuratore federale Jeffrey Nestler presentando il caso di cospirazione sediziosa intentato contro cinque leader degli Oath Keeper che il 6 gennaio 2021 cercarono di impedire al Congresso di certificare la vittoria elettorale di Joe Biden. 

Nella corte federale di Washington, presieduta dal magistrato Amit Metha il pubblico ministero ha affermato che il gruppo era stato organizzato con lo scopo di sostenere l’ex presidente Trump per farlo rimanere al potere nonostante la sconfitta elettorale. Il gruppo decise di “prendere in mano la situazione” dopo che il vicepresiente Mike Pence, nel suo ruolo di presidente del Senato, si rifiutò di invalidare la vittoria di Biden. 

Nella lunga presentazione gli avvocati dell’accusa hanno affermato che il fondatore del gruppo, Stewart Rhodes, laureato in legge alla Yale Law School, aveva preparato un piano dettagliato per far rimanere Trump alla Casa Bianca, usando anche la forza se fosse stato necessario. 

Con Rhodes sul banco degli imputati siedono Kelly Meggs, Kenneth Harrelson, Jessica Watkins e Thomas Caldwell. I cinque sono stati incriminati con l’accusa di cospirazione sediziosa.

Oath Keepers Founder Stewart Rhodes – wikimedia

I pubblici ministeri hanno descritto Rodes come “come un generale che ispezionava le sue truppe” sul terreno del Campidoglio mentre si preparavano a lanciare l’assalto all’edificio e a scontrarsi con gli agenti. Jeffrey Nestler ha detto che il gruppo aveva nascosto un arsenale con le armi in alcune stanze di un albergo alla periferia di Washington.

Nella lunga presentazione del caso Jeffrey Nestler ha letto alcuni dei messaggi che gli imputati si erano scambiati con i cellulari minuti prima che  la folla che era al comizio di Trump si dirigesse verso il Campidoglio. Messaggi che secondo l’accusa, provano la premeditazione del tentativo insurrezionale. Oltre ai messaggi sono state mostrate in aula foto e i video che mostravano le azioni degli Oath Keepers in Campidoglio. “Davano ordini ad alta voce e per i telefonini su quello che bisognava fare”, ha detto Nestler.

“Se il voto al Congresso fosse stato bloccato – ha detto il pubblico ministero – non si sarebbe potuto dichiarare il vincitore delle elezioni. E questo era il loro obiettivo: fermare con ogni mezzo necessario il legittimo trasferimento di poteri, incluso usare le armi contro il governo degli Stati Uniti”.

Durante l’apertura del processo, alla giuria sono state presentate riprese video, mappe e altri strumenti audiovisivi che i pubblici ministeri hanno utilizzato per fornire una panoramica più dettagliata del caso. Mostrati anche video e fotografie degli Oath Keepers che preparavano il piano. Una mappa del Washington Mall – che indicava il luogo della manifestazione alla quale prendevano parte i seguaci di Trump che ha preceduto l’attacco al Campidoglio e il tracciato che hanno dovuto seguire per andare al Campidoglio che era a poche centinaia di metri di distanza.

Nelle settimane scorse gli avvocati della difesa avevano detto che i loro assistiti ritenevano che l’ex presidente avrebbe invocato l’Insurrection Act e che i loro assistiti si stavano preparando per la risposta a tale invocazione. “Ma il presidente Trump non ha invocato l’Insurrection Act”, ha detto Nestler e “questi imputati avevano deciso di prendere in mano la situazione attivando il piano che avevano concordato”.

Cartellone Oath Keepers – wikimedia

Stewart Rhodes si è dichiarato non colpevole di cospirazione sediziosa, affermando che la pianificazione e le azioni dei suoi seguaci erano difensive, preparate in previsione di quello che credevano sarebbe stato un ordine legittimo dell’allora presidente Donald Trump che costituiva le milizie ai sensi dell’Insurrection Act per impedire a Joe Biden di diventare presidente. “Il presidente ha detto e ancora dice che le elezioni sono state rubate con i brogli” ha detto Rhodes “E noi ci credisamo”.

Invocare l’Insurrection Act è stata un’idea nata nei circoli conservatori nella primavera del 2020 per reprimere le proteste di Black Lives Matter. Ed era diventato il grido di battaglia di Trump e delle persone a lui vicine, inclusi Rhodes e altri estremisti come i cospirazionisti dei QAnon. La prova iniziale fu fatta a Lafayette Square a Washington, allorchè l’ex presidente chiamò la National Guard per sgomberare i dimostranti che manifestavano contro le violenze della polizia dopo l’uccisione di George Floyd. Con la Bibbia in mano Donald Trump tuonò “Sono il presidente della legge e dell’ordine”. 

Il professor Brian Levin, direttore del Center for the Study of Hate and Extremism presso la California State University di San Bernardino afferma che Il gruppo capeggiato da Rhodes esorta le reclute a prepararsi a prendere le armi per opporsi agli ordini federali con cui gli Oath Keepers non sono d’accordo in base a una “dottrina insurrezionista del Secondo Emendamento”, dichiarando che il diritto di portare armi si estende non solo agli individui ma include il diritto di opporsi violentemente al governo per motivi personali o soggettivi.

Levin ha aggiunto: “Le parti violente, premeditate e organizzate di questo attacco al Campidoglio sono uno dei sottoprodotti più tossici della politica cospirativa e violenta in cui gli Stati Uniti si trovano oggi”.

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Massimo Jaus

Massimo Jaus

Massimo Jaus, romano e tifoso giallorosso. Negli Stati Uniti dal 1972. Giornalista professionista dal 1974. Vicedirettore del quotidiano America Oggi dal 1989 al 2014. Direttore di Radio ICN dal 2008 al 2014. È stato corrispondente da New York del Mattino di Napoli e dell’agenzia Aga. Sposato, 4 figli. Studia antropologia della musica alla Adelphi University. Massimo Jaus. Originally from Rome and a Giallorossi fan. In the United State since 1972. A professional journalist since 1974. Deputy Editor of the daily paper America Oggi from 1989 to 2014. Has been New York correspondent for Naples' "il Mattino" and for Agenzia Aga. Married, 4 children. Studies Anthropology of Music at Adelphi University.

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