Impiegare il termine “trasferimento involontario” per descrivere la tratta degli schiavi in America. Ha fatto scalpore la proposta di un comitato di insegnanti statunitensi indirizzata alla Texas State Board of Education, l’organo incaricato di redigere i programmi scolastici delle elementari in tutto il territorio del Lone Star State.
La bozza del comitato di revisione, relativa ai manuali usati in seconda elementare, proponeva la sostituzione della parola “schiavitù” nella sezione storica dedicata ai “Popoli schiavizzati in America”.
Il controverso tentativo è però naufragato inesorabilmente. “Il consiglio, con consenso unanime, ha dato ordine al gruppo di lavoro di rivedere quel linguaggio specifico”, ha dichiarato in un comunicato Keven Ellis, presidente della Texas State Board of Education.
Lo stesso comitato, secondo la componente del Board Aicha Davis, continuerà a lavorare sul programma di studi nel corso dell’estate.
La formulazione proposta giunge nel bel mezzo di un serrato dibattito sulla “critical race theory” tra i banchi di scuola e tra l’opinione pubblica statunitense. Da una parte ci sono i sostenitori dello studio del passato razzista e classista negli Stati Uniti, per comprendere e affrontare le radici del problema. Dall’altra, molti genitori e politici ritengono l’argomento troppo divisivo e offensivo nei confronti della comunità bianca.
La diatriba si è ulteriormente accesa dopo che la minoranza repubblicana al Senato ha proposto un forte ridimensionamento dei corsi sulla critical race theory. Secondo il disegno di legge, attualmente in stallo alla camera alta, il concetto che “una razza o un sesso sia intrinsecamente superiore a un’altra o un altro” o il concetto che “un individuo, in virtù della sua razza o del suo sesso, sia intrinsecamente razzista, sessista o oppressivo, sia consciamente che inconsciamente” non può essere “richiesto” o incluso in un corso scolastico.