Il cardinale Joseph Zen, arrestato nel pomeriggio con l’accusa di collusione con forze straniere (una delle quattro tipologie di reati contemplati dalla contestata legge sulla sicurezza nazionale imposta da Pechino a giugno) insieme all’ex parlamentare dell’opposizione Margaret Ng e alla cantante Denise Ho, è stato rilasciato su cauzione dalla stazione di polizia di Wan Chai, sull’isola di Hong Kong.
I tre erano amministratori del 612 Humanitarian Relief Fund, istituito per offrire assistenza finanziaria a coloro che sono rimasti coinvolti nelle proteste antigovernative del 2019.
All’uscita non ha rilasciato commenti, entrando subito in un’auto privata parcheggiata nelle vicinanze. L’alto prelato, 90 anni, era accompagnato da cinque persone.
La richiesta di “liberazione immediata” del cardinale, era arrivata anche dagli Stati Uniti per bocca della vice portavoce della Casa Bianca Karine Jean-Pierre.
Zen è una figura di spicco della comunità di Hong Kong, noto per essersi esposto in prima persona contro le brutalità della polizia e la pressione di Pechino.
Nemico storico del Partito Comunista cinese, che per anni si è schierato apertamente contro la sua opposizione alla repressione dei diritti umani e della libertà religiosa in Cina, sfociata nella demolizione forzata di chiese e croci in varie parti del Paese dal 2014 al 2016.
Zen è anche noto per aver celebrato messe dedicate alla memoria delle vittime del massacro di piazza Tienanmen del 1989, quando l’Esercito popolare di liberazione fu spedito a reprimere nel sangue le proteste studentesche a favore di riforme e democrazia.
La Cina ha difeso l’arresto, pubblicando una nota dall’Ufficio commissariale che a Hong Kong rappresenta il ministero degli Esteri cinese. “Le persone interessate – si legge – sono sospettate di cospirazione per collusione con Paesi stranieri o forze straniere per mettere in pericolo la sicurezza nazionale, un atto di natura grave”.