Giornata di fuoco tra i corridoi delle Nazioni Unite. Nella notte è arrivato l’annuncio che il Segretario di Stato Antony Blinken sarebbe intervenuto oggi al Consiglio di Sicurezza. E così è stato.
Blinken ha ribadito la posizione degli Stati Uniti: le cose si possono risolvere con la diplomazia. Lo ha fatto dopo aver esposto il pretesto utilizzato dalla Russia per iniziare la guerra, che ha pubblicato un dossier con una serie di racconti e video che testimoniano come i diritti umani della popolazione russa siano stati calpestati dall’Ucraina.
Il Segretario di Stato ha citato Joe Biden, che aveva in precedenza definito questa guerra come una “War of Choice”. “Questa crisi colpisce direttamente ogni membro del Consiglio e ogni paese del mondo, perché i principi di base che sostengono la pace e la sicurezza, principi che sono stati sanciti sulla scia delle due guerre mondiali e della Guerra Fredda, sono minacciati: un paese non può modificare i confini di un altro con la forza”.
La condizione è una: che la Russia ritiri oggi stesso i suoi mezzi militari e porti avanti invece i diplomatici, per affrontare la discussione pacificamente.
“La storia ricorderà questo – ha concluso Blinken – come il giorno in cui la Russia ha scelto di prendersi questo impegno, oppure di non farlo”.
Abbiamo chiesto al Ministro inglese James Cleverly, che ha la delega per le questioni riguardanti l’Europa e l’America del Nord, se l’Inghilterra tema invece che per la Russia non si sia una “War of Choice”, ma piuttosto una soluzione inevitabile. Lui, in linea con quanto detto da Blinken, ha ribadito la convinzione che la sia.

Più cauto Stephan Dujarric, portavoce di Antonio Guterres. Nonostante le sollecitazioni, non ha definito la guerra una “War of Choice” e si è limitato a dichiarare che il Segretario Generale, prima di esprimersi, abbia intenzione di leggere il rapporto pubblicato dalla Russia relativo ai crimini che sarebbero stati commessi dall’Ucraina. Su una cosa, però, è stato deciso: questa è una guerra da evitare.
Allo stakeout sono poi arrivati tutti insieme i rappresentanti dell’Unione Europea, che hanno scelto come portavoce l’ambasciatore francese all’Onu Nicolas de Rivière. “Noi, Stati membri dell’UE, ribadiamo il nostro pieno sostegno all’indipendenza, alla sovranità e all’integrità territoriale dell’Ucraina, in conformità con i principi e gli scopi della Carta delle Nazioni Unite, dell’Atto finale di Helsinki, della Carta di Parigi e di altri impegni pertinenti dell’OSCE. Chiediamo la piena attuazione degli accordi di Minsk, a partire dall’osservanza incondizionata del cessate il fuoco.
Chiediamo alla Russia di impegnarsi in modo costruttivo e di adempiere a tutti i suoi impegni, anche su questioni umanitarie e di sicurezza. Esprimiamo la nostra profonda preoccupazione per il massiccio accumulo di forze armate da parte della Russia dentro e intorno all’Ucraina. Sottolineiamo che qualsiasi ulteriore aggressione militare da parte della Russia contro l’Ucraina avrebbe enormi conseguenze e comporterebbe costi senza precedenti. Incoraggiamo l’Ucraina a mantenere la sua posizione di moderazione. Facciamo eco all’urgente appello del Segretario Generale a risolvere i problemi attraverso la diplomazia. Riaffermiamo la nostra disponibilità a impegnarci in modo costruttivo in discussioni significative e orientate ai risultati su questioni di sicurezza di interesse reciproco nei quadri pertinenti”.

Parole forti sono arrivate dagli Stati Uniti, per bocca dell’ambasciatrice Linda Thomas-Greenfield. A voce alta e con una costruzione del discorso estremamente accusatoria, gli Usa non hanno fatto sconti. “Per la seconda volta in due settimane, il Consiglio di sicurezza si è riunito per discutere delle minacce militari della Russia contro l’Ucraina. E per la seconda, il resto del Consiglio di sicurezza ha consegnato alla Russia il messaggio chiaro e inequivocabile di proseguire la via diplomatica.
Sfortunatamente, siamo profondamente preoccupati che questa non sia la strada scelta dalla Russia. Quello che abbiamo sentito dalla Russia oggi è esattamente il tipo di retorica incendiaria e disinformazione da cui noi vi abbiamo messi in guardia.
Parliamoci chiaro: c’è solo un Paese che minaccia qui: È la Russia”.
“C’è solo un paese con 150.000 soldati al confine, pronti ad attaccare: è la Russia. Come ha detto Blinken questa mattina, speriamo vivamente che la Russia non invada l’Ucraina e ci dimostri che ci sbagliamo. Ma temiamo il peggio. Ecco perché, oggi, il Consiglio di sicurezza ha esortato ancora una volta la Russia a perseguire la via della diplomazia. Come ha chiarito stamattina il segretario Blinken e come ha affermato il presidente Biden all’inizio di questa settimana, siamo preparati a tutto, ma faremo il possibile per perseguire la via della pace”.
È toccato poi alla Russia, la nazione sulla quale tutti, oggi, hanno puntato il dito. Davanti ai microfoni si è presentato Sergey Vershinin, viceministro degli affari esteri, l’unico che, durante lo stakeout, ha risposto alle domande dei giornalisti.
Dopo aver ribadito nel Consiglio di sicurezza che le truppe russe al confine ucraino sono ancora in territorio russo per condurre delle esercitazioni, ha definito il suo governo come “pronto per un dialogo reale”.
“I politici ucraini hanno sistematicamente persuaso l’Occidente che gli accordi di Minsk sono contrari agli interessi dell’Ucraina. Ma se il compito di costruire la pace sul suolo interno è tra gli interessi nazionali dell’Ucraina, non dovrebbe esserci spazio per affermazioni di questo tipo”.
Il Protocollo di Minsk II è un accordo risalente al 2015 e stipulato tra i capi di Stato di Ucraina, Russia, Francia e Germania, arrivato al termine di un processo iniziato l’anno precedente per l’approvazione di un pacchetto di misure per alleviare l’ancora in corso Guerra del Donbass.
“Leggete bene il rapporto che abbiamo pubblicato – ha concluso – guardate le foto e i video, spiegano molte cose”.