Neanche il Burkina Faso, resiste ai militari. Come la Guinea e il Mali, anche il poverissimo Paese dell’Africa occidentale, ha ceduto alle forze armate ribelli, che hanno destituito il presidente Roch Marc Christian Kaboré e dissolto il parlamento, accusando le autorità civili di aver fallito contro l’Isis e al Qaida.
La crisi, scoppiata con episodi di ammutinamento in varie caserme e manifestazioni anti-governative in cui è stato dato alle fiamme il quartier generale del partito di Kaborè, è degenerata nello spazio di 24 ore con la notizia dell’arresto del presidente da parte dei soldati ribelli. Per lui c’è ora la caserma, dove si trova insieme al leader del Parlamento e ad alcuni ministri.
Nel caos ad un certo punto è apparso un tweet del presidente, che invitava “coloro che hanno imbracciato le armi a riporle nel più alto interesse della nazione”. Impossibile però sapere se l’avesse scritto di suo pugno e in quali circostanze, mentre il partito denunciava persino un “tentativo di ucciderlo”.

A capo della rivolta il tenente colonnello Paul-Henri Sandaogo Damiba, leader del Movimento patriottico per la salvaguardia e la restaurazione. Da questo punto di vista, la voce dei golpisti è anche quella della popolazione, esausta per il costante clima di insicurezza. Il bersaglio di questa rabbia è il capo dello Stato, il simbolo delle promesse perdute. Ex banchiere e devoto cattolico in un paese in gran parte musulmano, Kaborè era stato eletto nel 2015 per voltare pagina, un anno dopo l’insurrezione popolare che aveva rovesciato l’uomo forte Blaise Compaore. Era stato poi confermato nel 2020, assicurando che avrebbe fatto piazza pulita dei jihadisti.
Eppure la violenza non è mai cessata, anzi è aumentata, così come le manifestazioni anti-governative, il più delle volte represse dalla polizia. Fino al drammatico epilogo di queste ore. L’Unione Africana e l’Onu hanno “condannato con fermezza” l’escalation in Burkina Faso, ed anche Ue e Stati Uniti hanno chiesto “l’immediato rilascio del presidente e degli altri funzionari”.
Il Segretario Generale Antonio Guterres, si è detto “particolarmente preoccupato per l’incolumità del presidente Roch Marc Christian Kaboré, nonché per il peggioramento della situazione a seguito del colpo di stato. Condanno fermamente qualsiasi tentativo di impossessarsi di un governo con la forza delle armi. Invito i golpisti a deporre le armi e a garantire la tutela dell’integrità fisica del Presidente e delle istituzioni del Burkina Faso, optando per il dialogo. Le Nazioni Unite ribadiscono il loro pieno impegno per la conservazione dell’ordine costituzionale e riaffermano il loro sostegno al popolo del Burkina Faso nei suoi sforzi per trovare soluzioni alle molteplici sfide che il Paese deve affrontare”.
Voci preoccupate, quelle delle grandi potenze mondiali, perché la crisi a Ouagadougou non è un caso isolato, ma l’ulteriore spia dell’instabilità del Sahel.