Dopo Nelson Mandela, nel Pantheon dei leader anti-apartheid c’è lui: Desmond Tutu, per tutti negli anni ’80 “il reverendo”, colui che confortava le masse oppresse e le esortava a non perdere la speranza. Tutu si è spento a 90 anni indossando la veste di arcivescovo anglicano sudafricano, ma soprattutto icona della lotta per l’emancipazione dei neri e premio Nobel per la pace.
Ad annunciarlo in una nota è stato il presidente del Sudafrica, Cyril Ramaphosa, che ha espresso “una profonda tristezza a nome di tutti i sudafricani”.
“Il decesso dell’arcivescovo emerito Desmond Tutu è un altro capitolo di lutto nell’addio della nostra nazione a una generazione di sudafricani eccezionali che ci hanno lasciato in eredità un Sudafrica liberato” ha detto Ramaphosa, che lo ha definito “un leader spirituale iconico, un attivista anti-apartheid e un paladino dei diritti umani a livello globale”.
“È stato un leader di principi e pragmatico che ha dato senso all’espressione biblica che la fede senza le azioni è morta”. “Uomo di straordinario intelletto, integrità e invincibilità contro le forze dell’Apartheid, è stato anche tenero e vulnerabile nella compassione per chi aveva sofferto l’oppressione, l’ingiustizia e la violenza sotto la segregazione e per gli oppressi e gli emarginati di tutto il mondo”.
Il prelato, soprannominato ‘the Arch’, era malato da mesi. Non parlava più in pubblico, ma sorrideva ancora alle telecamere che lo seguivano nei suoi spostamenti, come quando è andato a ricevere il vaccino anti-Covid in un ospedale del Paese. Era stato insignito del premio Nobel per la pace nel 1984. (Agi)