Il Dipartimento di Giustizia pagherà circa 130 milioni di dollari a 40 sopravvissuti e famiglie delle vittime del massacro del 2018 in una scuola superiore di Parkland, in Florida. Il motivo? L’incapacità dell’FBI di indagare adeguatamente su due piste che, nei mesi precedenti alla sparatoria, suggerivano che l’assassino potesse aprire il fuoco in una scuola.
Una di queste, sei settimane prima dell’evento, indicava come l’uomo armato, Nikolas Cruz, stesse postando su Instagram una grande quantità di armi e munizioni. “So che sta per esplodere”, aveva detto agli agenti una donna rimasta anonima.
Quaranta giorni dopo, Cruz ha ucciso 17 persone, ferendone altre 17, alla Marjory Stoneman Douglas High School, dove era stato precedentemente studente.

A quarantotto ore dalla sparatoria del 14 febbraio 2018, l’FBI ammise di non aver indagato a sufficienza i suggerimenti arrivati dall’esterno, violando di fatto i suoi protocolli. Cruz, che ora ha 23 anni, si è dichiarato colpevole ed è previsto che finisca sotto processo all’inizio del prossimo anno. Una giuria deciderà se condannarlo all’ergastolo o alla pena capitale.
“Sebbene i dettagli finanziari dell’accordo siano attualmente riservati – ha detto Podhurst Orseck, lo studio legale che rappresenta le famiglie – si tratta di un accordo storico, che arriva al culmine dei lunghi e ardui sforzi della comunità di Parkland verso la verità e la giustizia”.
La rivelazione che l’FBI avesse ricevuto informazioni sull’uomo armato prima della sparatoria ha devastato le famiglie delle vittime. Fred Guttenberg stava scegliendo la bara per sua figlia Jamie, di soli 14 anni, quando un agente lo chiamò per dargli la notizia.
“Mi stai dicendo che se aveste fatto il vostro lavoro, mia figlia sarebbe ancora viva?”, chiese Guttenberg. “Temo di sì, signore”, rispose l’agente. Ma era ormai troppo tardi.