E’ scomparso Sohail Ahmadi, il bambino afghano di due mesi, affidato dai genitori ai soldati americani durante le operazioni di evacuazione dei civili all’aeroporto di Kabul. Mirza Ali Ahmadi e sua moglie Suraya, lo scorso 19 agosto, avevano consegnato Sohail ai militari Usa nel timore che rimanesse schiacciato dalla folla e nella convinzione di raggiungerlo dall’altra parte della recinzione poco dopo. E invece, siccome i talebani cominciarono a spingere indietro la folla che premeva, alla famiglia ci volle almeno un’altra mezz’ora per entrare nell’aeroporto.
E quando alla fine il gruppo riuscì a passare, non trovarono più il figlio. “Ho cercato ovunque per tre giorni, ma non c’era nemmeno nell’area riservata ai bambini”, ha spiegato Mirza Ali, che ha lavorato come uomo della sicurezza all’ambasciata degli Stati Uniti in Afghanistan per dieci anni. “Gli operatori umanitari e i funzionari Usa mi dicono che faranno del loro meglio per ritrovare Sohail, ma sono solo promesse”.
Da quando il piccolo è scomparso, la moglie Suraya piange la gran parte del tempo e gli altri suoi figli sono sconvolti. Mirza Ali, Suraya e gli altri loro figli – di 17, 9, 6 e 3 anni- pochi giorni più tardi furono imbarcati su un volo per Doha, poi trasferiti in Germania e alla fine sono giunti negli Stati Uniti. La famiglia è ora a Fort Bliss, in Texas, con altri rifugiati afghani in attesa di essere reinsediati da qualche parte in Usa. “Mi importa solo ritrovare il mio bambino” ha detto disperata a Reuters la madre del piccolo.
Dal governo americano un funzionario ha fatto sapere che il caso è stato segnalato a tutte le agenzie coinvolte nelle operazioni di evacuazione.