Shaun: e chi è? Kathryn: chi? Dianne: mai sentita! Sto parlando di tre candidati alla poltrona di sindaco di New York che questa settimana si sono cimentati in un dibattito presenti anche gli altri cinque candidati.
Diciamolo subito: il kennediano Shaun Donovan, la Barbie Kathryn Garcia e la ricciuta Dianne Morales hanno praticamente zero chances di arrivare alle primarie del 22 giugno, tanto meno alle elezioni del 2 novembre. Se mi sbaglio, correggerò il tiro nelle prossime settimane ma per il momento tirate un sospiro di sollievo: non vale la pena di informarci su questi tre aspiranti sindaci. Concentriamoci invece sugli altri cinque.
Scott Stringer? E certo che lo conoscono in molti. Traffica in politica newyorkese dall’inizio degli anni ’80 e dunque gode di una certa visibilità. “Name recognition”, come dicono qua. Qualche speranza di diventare Primo Cittadino di New York ce l’ha e lo ha dimostrato durante il dibattito di giovedì sera: ha carisma, sa dare risposte complete, ha una visione della politica a 360 gradi e si sente lontano un miglio che di esperienza sul placoscenico della politica ne ha tanta.
Raymond McGuire? Di politica ne sa poco ma nel mondo del business invece è ben navigato. Con in tasca una laurea da Harvard è arrivato agli apici del mondo degli affari diventando uno degli uomini ai vertici di Citigroup. Una meta non da poco per un afro-americano che iniziò la sua ascesa nell’universo della finnaza alla banca First Boston nei primi anni ’80. Per poi finire fra i ranghi dealla Merrill Lynch, poi della Morgan Stanley prima di atterrare a Citigroup nel 2005. E i suoi piani per New York? Espansione dell’occupazione, investimenti nelle scuole e programmi per rimettere in piedi l’economia massacrata dal Covid. Con Michael Bloomberg, i newyorkesi avevano dimostrato di essere molto aperti all’idea di un sindaco-businessman. Ma McGuire non sembra avere la stessa tempra di “Little Mike” che aveva guidato New York per dodici anni.
E allora, chi rimane? I tre capofila — se non ci saranno sorprese — sono Andrew, Maya e Eric. Certo che hanno anche un cognome ma come si usa da queste parti chiamiamoli informalmente per nome come fossero amici di vecchia data.

Oggi mettiamo la lente d’ingradimento su quel certo Andrew Yang che si era fatto notare durante le elezioni presidenziali. Proprio lui. Stiamo parlando dell’unico asiatico che nel 2020 era fra i candidati democratici alla Casa Bianca. A rimpiazzare Trump non ce l’ha fatta ma mesi di campagna elettorale gli hanno dato una visibilità che ora lo sta avvantaggiando nella corsa a Gracie Mansion. Si chiama così la residenza ufficiale del sindaco di New York e Gracie Mansion per Yang sembra essere a portata di mano. Lo si è capito bene giovedì sera, a giudicare dalla violenza con cui gli altri candidati lo hanno attaccato. È stato uno sforzo non coordinato di erodere la sua posizione dominante. C’è chi ha provato a mettere in dubbio la sua esperienza in questioni razziali. Chi lo ha sbeffeggiato sulla sua capacità di creare posti di lavoro. Chi lo ha attaccato sulla sua imbarazzante assenza in qualità di elettore a New York negli anni passati. Sono sufficienti questi attacchi per scalzarlo dalla sua apparente posizione di predominio? Vediamo quali sono in sintesi le sue posizioni sui principali temi che interessano gli elettori di New York.
Ripresa economica: forte del suo background di businessman, Yang propone assegni di sussidio alle classi meno abbienti; incentivi alle aziende per far ritornare i loro dipendenti nei grattacieli del centro ora deserti; un “passaporto del vaccino” che permetta di riaprire settori trainanti dell’economia quali il turismo e l’entertainment; incentivi ai piccoli imprenditori per sostenere circa 15mila piccole attività private fino a tutto il 2022.
Pubblica sicurezza: con New York sprofondata in un ciclo di violenza, Yang propone di scegliere un civile come commissario di polizia, una scelta che ha come obiettivo non solo poliziotti pronti ad arrestare ma anche un’azione di riforma delle forze dell’ordine affinché siano più sensibili alle differenze economiche, sociali e razziali della popolazione. Fra gli interventi proposti ci sono anche fondi aggiuntivi per gestire il numero crescente di squilibrati mentali e di individui affetti da droghe. Yang è anche a favore di un ente municipale che gestisca le lamentele del pubblico in rapporto alle forze di polizia. Fra tutti i candidati lui è l’unico in grado di rispondere con cognizione di causa alla nuova ondata di violenza nei confronti degli asiatico-americani.
Sanità pubblica: Azione a tappeto prima di tutto per assicurare che la pandemia sia sotto controllo attraverso un’azione di rivaccinazione che continuerà anche nel 2022. Intervento affinché il “passaporto del vaccino” tenga anche presente il diritto alla privacy dei cittadini. Grossi investimenti in centri sociali e assistenti sociali a supporto della popolazione mentalmente instabile. Espansione dei programmi di assistenza medico-sanitaria ai senzatetto intervenendo anche in chiave razziale. Yang infatti riconosce che sono gli afro-americani e gli ispanici a risentire in modo sproporzionato di scarsa assistenza.
Ristorazione: incentivi fiscali a ristoranti, bar e caffè sono parte dell’azione di sostegno che Yang prevede per un settore trainante a New York che, prima della pandemia, dava lavoro a oltre 350 mila persone. Circa la metà sono ora disoccupate e Yang intende creare una task force che crei collaborazione fra il settore immobiliare e quello della ristorazioni intervenendo anche sull’aspetto fiscale.
Entertainment e cultura: È un aspetto fondamentale dell’economia di New York dal quale dipende il turismo. Pre-pandemia ogni anno arrivavano a New York 68 milioni di turisti americani e stranieri attratti principalmente dall’offerta di cultura, spettacoli teatrali, club musicali, vita notturna e istituzioni artistiche. Sconti, promozioni, sussidi e supporto da parte di strutture municipali fanno parte di un piano omni-comprensivo che Yang appoggia. Ma il candidato non vede arti e cultura come settori isolati dal resto: il suo piano d’intervento è legato anche alla sicurezza pubblica, ai trasporti pubblici e a una maggior equità razziale nell’occupazione.