Colpevole. L’America tira il fiato di sollievo. Dereck Chauvin, l’agente di polizia di Minneapolis che con un ginocchio sulla gola ha soffocato George Floyd mentre era ammanettato, è stato riconosciuto colpevole dell’omicidio. I dodici giurati 6 bianchi, 4 afroamericani e due multietnici hanno impiegato poco più di dieci ore per raggiungere il verdetto, ma le prove, i video, le testimonianze erano talmente schiaccianti che il risultato non avrebbe potuto essere differente. La procedura penale americana prevede due fasi finali del procedimento giudiziario: il verdetto e la sentenza. Normalmente tra il verdetto, emesso dai 12 giurati e la sentenza, che invece emette il giudice, passano alcune settimane. Per la condanna è necessaria l’unanimità di giudizio dei giurati. Il giudice emetterà la sentenza tra sei settimane.
Tre erano le accuse che pendevano su Chauvin: dall’omicidio colposo punito con una pena fino a 10 anni di reclusione, a quella più pesante di omicidio preterintenzionale, con una pena fino a 40 anni di carcere. C’era anche l’accusa di omicidio di terzo grado per azioni particolarmente pericolose compiute con depravata indifferenza per la vita umana, che prevede una pena fino a 25 anni di carcere. I giurati hanno pronunciato il verdetto di colpevolezza per tutte e tre le accuse.

In aula Dereck Chauvin, seduto, con una mascherina celeste, ha assistito impassibile alle decisioni dei giurati. Dopo il verdetto gli agenti della polizia giudiziaria lo hanno ammanettato e lo hanno trasferito in carcere in attesa della sentenza.
Questa mattina, dopo che i giurati erano stati messi in isolamento da giudice, senza cellulare, giornali, televisione, interrompendo qualsiasi contatto con l’esterno, il presidente Joe Biden è intervenuto sulla vicenda. “Prego per il verdetto giusto” ha detto durante una pausa dell’incontro che ha avuto con i parlamentari di origine latinoamericana. Il presidente ha aggiunto di aver contattato la famiglia di George Floyd e di aver parlato con il fratello della vittima. “Volevo sapere come stanno vivendo queste ore” ha detto il presidente. E l’America è con lui.
Dopo la condanna, Biden ha telefonato nuovamente la famiglia di Floyd dicendosi “rincuorato” e ha affermato che il Dipartimento di Giustizia è “pienamente impegnato a ripristinare la fiducia” tra le forze della sicurezza e le diverse comunità. “Non possiamo fermarci qui”, ha aggiunto il presidente in un discorso televisivo insieme alla sua vice Kamala Harris, “non possiamo distogliere lo sguardo pensando che il nostro lavoro sia finito. Dobbiamo guardarlo come abbiamo fatto per quei nove minuti e 29 secondi”. “Dobbiamo ascoltare. ‘Non riesco a respirare. Non riesco a respirare'”, ha detto rimarcando le ultime parole dell’afroamericano ucciso “non dobbiamo farle morire insieme a lui… abbiamo la possibilità di cambiare il percorso di questo Paese”.
Da ieri, quando i giurati sono entrati in camera di consiglio, la tensione in tutti gli Stati Uniti era palpabile. Si temevano scontri, saccheggi, incendi. Già venivano accusati Black Lives Matter e la Congresswoman democratica Maxime Waters, che sabato rivolgendosi ai dimostranti di Brooklyn Place, un sobborgo di Minneapolis dove la settimana scorsa è stato ucciso dalla polizia un giovane afroamericano, li ha invitati a non mollare, a rimanere in piazza, di incrementare la pressione “fintanto che non saremo uditi”. Parole forti in un Paese che dopo 4 anni di corteggiamento e ammiccamenti della Casa Bianca con i gruppi razzisti armati, è diventato una polveriera.

I governatori di molti Stati hanno mobilitato la Guardia Nazionale, la polizia di New York ha sospeso tutti i permessi di lavoro per gli agenti. E naturalmente ogni decisione presa dai governatori ha conseguenze politiche. In Florida, ad esempio, il governatore Ron DeSantis, che molti definiscono il delfino di Trump, era gongolante ieri sera dopo che il parlamento Statale della Florida ha passato una legge restrittiva sulle dimostrazioni, sugli assembramenti prendendo specialmente di mira il movimento Blak Lives Matter creando un nuovo tipo di reato, “intimidazione da parte della folla”. Ciliegina sulla torta, tanto per non smentire il connotato razzista della decisione, chi verrà pescato a deturpare uno dei monumenti eretti nello Stato per generali o politici confederati, sarà punito con 15 anni di prigione. Una legge che viola la Costituzione e che quasi sicuramente verrà respinta dalla Corte Suprema, ma nel frattempo è in vigore. Intervistato da un giornale di Orlando il governatore ha detto che il caso Chauvin è stato rovinato dalla caotica maniera con cui l’accusa ha presentato il caso e che quindi, secondo lui, il verdetto è imprevedibile.