La quarantena non è né sarà mai uguale per tutti.
Oggi mi sono trovata a fare questa riflessione perché le settimane ed i giorni stanno scorrendo ed il tempo per pensare con maggior attenzione sulle cose di certo non manca.
Il covid 19 ha stravolto le nostre vite attuali come un tornado inaspettato; inutile nasconderselo.
Ancora adesso ci troviamo all’interno del suo vortice e non riusciamo, nonostante tutte le rassicurazioni possibili, a vederne la fine; a percepire coi sensi futuri il momento esatto in cui ci ritroveremo tutti coi piedi ben piantati per terra, dopo tutto questo volteggiare per aria.
Siamo mai stati padroni del nostro tempo, finora?
Abbiamo mai riflettuto sulla fortuna spacciata di aver vissuto più o meno leggermente le nostre vite?
Come ne usciremo una volta che tutto sarà finito?
Finirà?
Domande esistenziali a cui io potrei sforzarmi di rispondere per me stessa ed in base alle mie sensazioni ma che produrrebbero comunque risposte opinabili e discutibili per chiunque le leggesse.
Forse peccherei di eccesso di realismo; o forse per taluni sarei eccessivamente ottimista o pessimista.
La percezione del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto che adesso è ben rappresentata da una tazza di te verde tiepido sulla mia scrivania.
Il domani è una incognita; mentre l’oggi – questo sì – si potrebbe analizzare con più razionalità.
Il virus, i divieti, la reclusione forzata, il tempo che scorre e le stagioni che cambiano.
La primavera con la sua rigogliosa vita che si fa beffe di noi; gli animali che si sono re-impadroniti dei loro spazi: il cigno nei navigli a Milano; i daini che scorrazzano nelle vie dei paesi di montagna al nord; i pesci che sono ricomparsi nelle melmose acque di Venezia – ora cristalline perché il nostro piccolo nemico e maestro ci ha costretti a fermarci ed a tapparci in casa.
A volte penso che il virus parteggi per la natura in modo più spudorato di qualsiasi ultras della curva sud.
Già – ma anche l’uomo fa parte della natura – perché accanirsi contro di lui, quindi?
Perché volerne attaccare le vie respiratorie, i polmoni ed i bronchi, impedendogli di ossigenarsi?
Bella domanda.
La natura matrigna di Leopardi che ci presenta il conto salato dopo secoli di cambiali inevase e con un virus che ci vuole annientare?
Oppure il virus non ci riconosce più quali facenti parte del meraviglioso e complesso mondo animale?
Forse ci vede come gli ingrati figliastri a cui sono stati perdonati già troppi sbagli?
Chissà.
La realtà dei fatti è che adesso siamo diventati – con le nostre entità – piccoli mondi confinati nelle nostre solitudini esistenziali.
Chiusi in confortevoli e super tecnologiche case – la “comfort zone psichica” – che assume i contorni ben definiti delle nostre case o super appartamenti.
Ma è poi così per tutti?
E perché io da che ho memoria continuo sempre a farmi delle domande a cui nessuno può dare risposta?
Provo a rispondere a quest’ultima, seguendo l’inciso con cui ho iniziato questo articolo.
La quarantena non è uguale e non sarà uguale per tutti, ma non perché il virus non sia democratico o equo.
Il covid 19 è semmai un demiurgo perfetto: colpisce trasversalmente tutti, senza fare distinzione di sorta fra etnie, religioni, idee politiche, orientamenti sessuali differenti e ceti sociali.
Le disparità le fa bensì sempre e soltanto l’essere umano, chiuso nella sua comfort zone fatta di giardini, balconi, terrazze, piscine idromassaggio, mini campi di calcio o gioco, abbonamenti a Netflix ,Now tv, Sky; connessioni internet che vanno alla velocità della luce e che consentono di essere comunque connessi agli altri e lavorare (per chi è fortunato da poterlo ancora fare – a distanza); ambienti famigliari rassicuranti ed armoniosi.
Ma non per tutti.
Oggi ho pensato ai miei ragazzi arcobaleno; quelli con cui ho passato mesi di studio e lavoro assieme e mi ha colto lo sconforto più cupo.
Cosa penseranno loro di questa quarantena che la maggior parte di noi ha preso come una vacanza a lungo termine?
Nessuno di loro ha case con giardino, area calcetto, stanze giochi, nessuno di loro ha un computer né tantomeno una connessione veloce che consenta loro di seguire le mie lezioni.
I loro genitori non hanno la possibilità di ordinare cibo online, chissà se riescono a mettere qualcosa in frigo visto che quasi nessuno di loro ha un lavoro “furbo” o smart che possono svolgere a distanza.
Le loro case non arrivano a più di 45 mt. quadrati – se va bene – quindi la loro convivenza è di certo lontana dalla comfort zone psichica (leggi sopravvivenza psicofisica) di chi – a seguito di una discussione – può anche andarsene in un’altra stanza a sbollire.
E come loro penso a tantissimi italiani agli arresti domiciliari in balia del virus e dei divieti.
A quei pochi che rifletteranno su queste parole – concludo – forse arriverà la consapevolezza piena della loro indicibile fortuna.
Che è anche quella di potersi impastare un dolce per passare il tempo.