Le elezioni per il Parlamento europeo hanno prodotto risultati interessanti e, per alcuni aspetti, inaspettati. In quanto segue evidenzierò alcuni punti che vale la pena prendere in considerazione.
A) L’affluenza ha segnato un’inversione storica della tendenza di voto: mentre dalle prime elezioni del 1979 alle elezioni del 2014 il numero di elettori è sistematicamente diminuito (passando dal 61,99% al 42,61%), questa volta è aumentato di 8 punti percentuali (50,4%). Germania, Spagna e Francia hanno mostrato i maggiori incrementi.
B) L’atteso tsunami sovranista e di estrema destra non si è verificato. Le forze della destra estrema hanno ottenuto buoni risultati, specialmente in Ungheria (il Fidesz di Orban), Polonia (il PiS di Kaczynski), Italia (la Lega di Salvini), Francia (il Rassemblement National di Le Pen). In Germania l’AFD ha ottenuto l’11%, che segna un aumento rispetto alle elezioni europee del 2014 ma una (contenuta) battuta d’arresto rispetto al 12,6% delle elezioni nazionali del 2017. Il successo del Brexit Party di Farage nel Regno Unito deve essere considerato come un riflesso della particolare situazione di quel paese e, pertanto, non può essere assimilato allo scenario generale. Nel resto del Vecchio Continente, i partiti sovranisti, di estrema destra e euroscettici non sono riusciti a sfondare.
3) Entrambe le principali famiglie politiche – i democratici cristiani (PPE) e i socialdemocratici (S&D) – hanno subito sconfitte pesanti, con la perdita di circa un quinto dei seggi rispetto alla precedente legislatura – il PPE è passato da 221 a 179 seggi ( -19%); S&D da 191 a 153 (-19%). Simile ridimensionamento ha prodotto una novità politica di grande rilievo: per la prima volta, la combinazione dei seggi di questi due gruppi non raggiunge la maggioranza assoluta.
4) I liberali (ALDE) e i Verdi sono i vincitori di queste elezioni. ALDE è passato da 67 a 105 seggi (+ 56,7%); i Verdi sono saliti da 50 a 69 (+ 38%). Questi due gruppi svolgeranno un ruolo decisivo nella costruzione della maggioranza politica nel nuovo Parlamento.
I risultati delle elezioni europee sono in genere piuttosto difficili da interpretare, perché emergono dall’aggregazione di configurazioni locali che riflettono contesti politici e istituzionali tra loro diversi. D’altra parte, con una certa cautela, alcune osservazioni generali possono essere fatte.
Credo che la chiave interpretativa vada individuata nella combinazione, da un lato, dell’aumento della partecipazione e, dall’altro, del non avvenuto sfondamento delle forze anti-sistemiche ed euroscettiche. Nel loro insieme, questi elementi possono essere visti come il segno che i cittadini hanno sentito il bisogno di mobilitarsi in difesa dell’istituzione europea. D’altra parte, la significativa sconfitta dei due principali raggruppamenti politici, al timone dell’Unione europea per molti anni, è un chiaro segnale della profonda disaffezione che le persone provano per come il progetto europeo è stato portato avanti in questi anni. La gente vuole Europa, ma vuole un’Europa migliore: qualcosa di più e qualcosa di diverso dalle attuali forme della politica e burocrazia europea.
D’altra parte, è altamente significativo che il malcontento per il modo di governare l’istituzione europea non abbia alimentato una crescita di consenso per le forze anti-sistema. Ciò è accaduto solo in pochi paesi, principalmente in ragione della specificità del contesto politico e istituzionale locale. Il fatto che Rassemblement National sia stato il primo partito in Francia è certamente un segnale dirompente; ma se si va oltre la superficie del dato si può cogliere che le percentuali ottenute da Le Pen e Macron alle elezioni europee 2019 non sono così diverse da quelle che tali schieramenti avevano ottenuto nel primo turno delle elezioni presidenziali del 2017. In definitiva, l’unico paese in cui un partito sovranista di estrema destra ha ottenuto una grande risultato è stato l’Italia. Eppure, anche in questo caso le ragioni di un tale successo hanno radici lontane e devono essere ricercate nel contesto politico italiano – per quanto l’Unione Europea non è priva di responsabilità (ad ogni modo, questa è un’altra storia, su cui tornerò nel mio prossimo intervento).
La novità inaspettata rivelata dalle elezioni è il fatto che forze politiche che non mettono in discussione il quadro istituzionale (ALDE e Verdi) sono state in grado di intercettare e fornire una rappresentanza politica alla domanda di (migliore) Europa. È auspicabile che questa domanda non venga tradita. L’Europa ha bisogno di profonda innovazione politica e istituzionale in una pluralità di settori strategici: ambiente, mercato del lavoro, lotta contro disuguaglianze, economia, migrazione, coesione sociale, commercio internazionale, sicurezza, diritti. C’è da sperare che i nuovi assetti politici emersi dalle urne metteranno le forze democratiche nelle condizioni di affrontare questo difficile compito. Le opportunità di imparare dagli errori non sono infinite.