Un intero pomeriggio dedicato alla stampa italiana all’estero, quello ospitato oggi pomeriggio alla Farnesina dove l’assemblea plenaria del Cgie è proseguita con un convegno dedicato al tema, organizzato dalla Commissione Informazione con la Fusie – Federazione Unitaria della Stampa Italiana all’Estero. Un convegno di formazione e informazione: sul ruolo della stampa, sul futuro del giornalismo alla luce dei cambiamenti in atto, non solo per la professione, ma anche per l’approccio al settore del nuovo Governo. A rappresentarlo, oggi, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’editoria Vito Crimi, che ha confermato la volontà dell’Esecutivo di azzerare i contributi diretto agli editori.
Ad aprire i lavori – cui hanno partecipato oltre ai consiglieri gli editori e i delegati delle tante testate italiane all’estero riuniti fin dalla mattina per il Congresso della Fusie – il consigliere Francesco Iannelli del Dipartimento Editoria, chiamato a delineare il quadro normativo in vigore, che ha regolamentato finora il settore. Dalla vecchia legge (416/81) alla riforma (198/2916) attuata durante il Governo Renzi – Gentiloni, quando all’Editoria c’era Lotti, fino al decreto attuativo di quelle nuove norme che verranno applicate per la prima volta quest’anno. Un intervento, ha detto Iannelli, che mirava a dare “uniformità” al settore: nello specifico, la stampa periodica edita all’estero o edita in Italia ma diffusa prevalentemente all’estero – in totale 104 testate – ha ricevuto finora dalla Presidenza del Consiglio ogni anno 2 milioni di euro.
La nuova legge dell’editoria, ha ricordato Iannelli, prevede nuovi requisiti per l’accesso ai contributi, come l’anzianità di 2 anni delle imprese editrici o la periodicità almeno trimestrale. Novità anche nel campo calcolo e nella distribuzione delle risorse, come ben sanno gli editori che si preparano, come detto, a scoprire cosa accadrà ora che, invece della somma totale nota – i 2 milioni di euro – anche le testate all’estero verranno finanziate attraverso il Fondo unico per il pluralismo dell’editoria. “Prima – ha infatti ricordare Iannelli – i periodici accedevano ad una cifra fissa, 2 milioni l’anno, salvo emendamenti alla legge di bilancio. Con il nuovo sistema, le risorse vengono decise nell’ambito del Fondo unico per il pluralismo. Tutti gli interventi che si sostanziano in contribuzione diretta agli editori gravano su un unico fondo, come prevede l’articolo 1 della legge 198/16”. Il fondo sarà diviso in percentuale tra Presidenza del Consiglio, per la stampa, e il Ministero dello Sviluppo economico, per radio e tv: “la quota della Pdc deve essere ripartita tra le varie politiche di competenza stabilite dalle leggi” compresa la quota “da assegnare alla stampa edita e diffusa all’estero”. Essendo uno strumento “flessibile”, il Fondo potrà consentire “aggiustamenti in più o in meno” rispetto a quanto erogato nel passato, ma questo, ha concluso “non sta a me stabilirlo”.
A stabilirlo è il Governo, cioè Crimi che prima di intervenire ha ascoltato alcuni degli editori. In molti lo hanno esortato a chiarire la posizione del Governo nei confronti dell’editoria.
Secondo Tridico (La voce d’Italia – Canada) sarebbe utile cercare di quantificare quanto la stampa abbia influito in termini di promozione del Sistema italia e del turismo di ritorno.
Per Baglini (London One Radio – Uk) è imprescindibile puntare sulle innovazioni, cioè sulla rete. La sua esperienza, ha aggiunto, dimostra che “si può fare giornalismo serio e importante creando un cash flow, cioè generare risorse senza prendere contributi dal Governo”. Certo “le testate cartacee devono essere supportate”, ma essere in rete è imprescindibile. Dunque se di contributi si parla, le testate online dovrebbero entrare nel novero degli aventi diritto.
Fernando Marzo (Cgie – Belgio) ha puntato il dito contro la Rai e le difficoltà di vedere tutti i programmi all’estero, mentre Domenico Porpiglia (Gente d’Italia – Uruguay) ha chiesto a Crimi di illustrare “le proposte del Governo: noi non le sappiamo ancora, ma secondo me non conoscete materia. Al Fondo per il pluralismo accedono i piccoli giornali non i colossi che intendete voi”, ha ricordato Porpiglia, citando poi i controlli su documenti e procedure cui sono sottoposte anche le testate all’estero e sottolineando che esse danno anche lavoro a molte persone. “Se chiudere il Fondo, molti resteranno senza lavoro e allora che farete? Gli darete il reddito di cittadinanza?”.
Anche Ilaria del Bianco, (Cgie – lucchesi nel mondo) ha chiesto a Crimi “chiarimenti per capire il panorama che ci attende in futuro: l’incertezza rende difficile governare, anche un cambiamento”. Secondo Del Bianco “l’online dovrà affiancarsi alla carta stampata, ovvio, ma questo passaggio va indirizzato, accompagnato e non può prevedere l’immediata soppressione della carta stampata e distribuita. La promozione del Sistema Paese e del Made in Italy possono ancora essere un valore aggiunto della nostra stampa e a costi molto contenuti. La nostra paura – ha ribadito – non è legata al non saper cambiare, ma alla possibilità di perdere qualcosa per strada. Come editori siamo consapevoli che servono strumenti nuovi, ma una parte dei nostri lettori non sono in grado di fare immediatamente questo saldo. Vorremmo poter continuare a contare sull’aiuto del nostro governo”.
Anche per Maria Bernasconi (L’Altra Italia) la realtà della stampa italiana all’estero non può “andare dispersa; esiste una vasta rete, una comunicazione che copre tutto il pianeta con 250 milioni di potenziali lettori: non solo gli italiani residenti all’estero, ma anche gli studenti erasmus e i temporaneamente all’estero, gli 80 milioni di discendenti, gli italofoni e gli stranieri. Siamo in oltre 60 paesi nel mondo e non sempre si ha la percezione di questa potenzialità”.
È quindi intervenuto Luigi Scaglione (Consulte regionali) per ricordare il contributo regionale verso le comunità dei corregionali all’estero, mentre Maurizio Tommasi (Trentini nel mondo) ha sottolineato i “valori immateriali di cui la stampa all’estero si fa portatrice, che sono imprescindibili”, ma non facilmente misurabili. “Non si può misurare quale è la ricaduta del giornalismo sul turismo di ritorno, sulla diffusione della cultura e della italianità, ma questi aspetti devono essere considerati. Il fastidio enorme che provo deriva dalla constatazione che siamo di fronte a un “chiodo fisso” del Governo, a un punto fermo su cui non ascoltano nessuno. Spero in un dialogo affinché vengano prese decisioni più consapevoli su quello che la stampa italiana all’estero è e vale”.
Che eliminare i fondi all’editoria sia un punto fermo per il Governo lo ha confermato Crimi.
“La legge per l’editoria dice che il sottosegretario ha il “potere” di decidere quante risorse allocare per la stampa estera. Questo potere è in mano a Governo e alla politica. Voi immaginate qual è il tipo di rapporto che si può istaurare tra chi ha potere e chi vi dipende? Non è sano” ha sostenuto Crimi perché “si crea un rapporto di dipendenza, che non è positiva e non credo che nessuno debba caldeggiarla perché è pericolosa”.
Cavalcando un cavallo di battaglia 5 Stelle, Crimi ha puntato il dito contro la passata legge finanziaria, la 2018, accusando il Governo passato di aver stanziato 1 milione in più per la stampa all’estero “in prossimità delle elezioni. Ciascuno di voi si alzerà per dire di non essere influenzato nella propria linea editoriale, ma ciascuno di voi può garantire lo stesso per i propri colleghi? È un’anomalia del sistema. Non c’è odio verso i giornalisti da parte del governo. Quello che vedo è il contrario: taluna stampa italiana avversa indiscriminatamente il Governo e oggi questo Governo sta reagendo. Chi ha iniziato?”.
“Importante” per Crimi parlare del “valore della stampa estera” ma “con la legge in vigore non è possibile fare una valutazione precisa: ci sono elementi minimi, caratteristiche che si devono avere nei contenuti, ma non c’è una valutazione. Che comunque sarebbe soggettiva”. Inoltre “anche nella stampa all’estero ci sono difformità: alcune testate drenano quantità di risorse rispetto al totale stanziato”, ha aggiunto Crimi, prima di paventare l’ingresso sulla scena estera di un editore “potente” abbastanza da fagocitare le risorse di tutti, ignorando che la legge lo vieta espressamente.
Il Governo, ha proseguito, “non vuole l’azzeramento del fondo unico per il pluralismo, ma vuole incentivare il pluralismo dell’informazione. Il finanziamento diretto agli editori non ha funzionato, perché in molti casi gli editori non hanno saputo sfruttarlo per raccogliere le sfide di quello che stava accadendo”. Quindi “progressivamente”, cioè “più lentamente rispetto alle prime prospettive, parlo di 3 o 4 anni” il sistema cambierà e “ciascuno capirà le proprie prospettive. Nella legge di bilancio probabilmente ci sarà una prospettiva per il prossimo quadriennio. Ci stiamo lavorando”.
“Quando c’è un tale cambiamento epocale, bisogna accompagnare il cambiamento, cercando di evitare morti e feriti. Primo, innovazione”, ha aggiunto Crimi. “Dobbiamo cambiare: il finanziamento diretto diventerà incentivo all’innovazione; bisogna utilizzare strumenti di comunicazione diversi. Volgiamo incentivare la cultura dell’informazione”, anche sul fronte della diffusione della italianità, della cultura, della lingua.
“Difficile quantificare qual è il valore che porta la stampa italiana all’estero: come possiamo misurare il ritorno economico? Oggi non c’è un criterio di valutazione magari averlo ci farebbe capire se siamo di fronte ad un investimento o a un finanziamento a fondo perduto”.
In ogni caso, il Governo “garantisce l’accompagnamento verso una progressiva innovazione, sia dal punto di vista degli strumenti che dei contenuti”, ha detto Crimi portando come esempio Fanpage. “Queste sono le sfide da incentivare e da finanziare”.
“Spero – ha aggiunto – che in legge di bilancio si possa introdurre la possibilità di avere degli spazi per finanziare progetti innovativi. Vi invito a innovare in termini di strumenti e contenuti, la modalità in cui vengono veicolate le informazioni e la cultura italiana all’estero. Io sono aperto al dialogo e invito la Fusie ad un incontro alla Presidenza del Consiglio per discutere gli strumenti migliori per spostare il finanziamento diretto all’editore ad altre forme di sostegno all’editoria anche estera, come sistema, e non solo al singolo editore”.
A raccogliere l’invito al dialogo è stato, per la Fusie, il Presidente Giangi Cretti.
“Siamo ben felici di innovare, ma rimane il dubbio su come venga considerato il valore della stampa italiana all’estero”, ha detto Cretti che è voluto tornare all’accenno sul milione di euro in legge di bilancio evocato da Crimi per precisare che “l’incremento di 1 milione di euro è stato fatto nell’ultimo anno, ma negli anni precedenti” quando non c’erano elezioni. “Non c’è stato alcun fine elettorale”.
“Siamo d’accordo sul fatto che il valore e la qualità della stampa si abbiano percezioni soggettive. Ma il valore c’è e c’è una storia intera che dimostra che per le comunità all’estero i giornali sono importanti. Se ci sono medici che lavorano male, si sostituiscono non si chiudono gli ospedali. Metteteci in grado di far riconoscere la nostra attività come un valore aggiunto per il nostro Paese” (m.cipollone\aise).
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