Spesso le idee migliori sono quelle che si trovano per la strada. Erano sotto agli occhi di tutti, ma nessuno le aveva ancora raccolte. Un vecchio ma sano detto del marketing che si applica in modo perfetto al nuovo fenomeno del momento: i Pokemon Go. Ancora loro, tanti anni dopo il primo momento di gloria.
E così mentre a Roma diventa virale il video dei bambini che contano i topi che escono dal cassonetto, i loro coetanei più fortunati di lingua inglese contano e collezionano piccoli mostri colorati. Sono ovunque in città, bisogna solo catturarli. A dire il vero il gioco del momento non è prerogativa dei bambini, ma di chiunque possieda uno smartphone. Erano bambini negli anni dei Pokemon, sono adulti nell’era dei Pokemon Go, il primo gioco di successo basato sulla realtà aumentata. Anzi, forse è il primo fenomeno di successo della realtà aumentata, che è in giro da un certo numero di anni senza avere aumentato un granché.
Per chi ancora non ne sapesse nulla (cosa possibile solo non vivete in America o in Australia), Pokemon Go è il nuovo gioco che sta rivoluzionando la categoria così come l’abbiamo sempre vissuta. Consiste nel cercare i classici mostriciattoli della famiglia Nintendo attraverso la realtà aumentata del proprio smartphone, andando a stanarli fisicamente in giro per la città. Per questo si chiama “Go”: bisogna uscire di casa e provare a prenderli tutti (“catch ’em all”, come recita il loro celebre claim).
Per prenderli bisogna mirare, e centrarli con la Poke Ball. Non è facile, perché i tipetti si muovono a scatti per disorientarti. Questo è il motivo per cui in certe parti del mondo sempre più spesso si vedono persone sbracciarsi in strada pericolosamente, magari in prossimità di ponti o strisce pedonali. La schermata iniziale avverte fin da subito di giocare con prudenza, ma sembra non bastare. La polizia australiana, seccata dalle troppe incursioni, ha mandato un appello di non cercare Pikachu all’interno della loro stazione. Sembra uno scherzo, ma è tutto vero. In Italia arriverà sembra il 15 luglio, ma in molti già ci giocano usando account stranieri.
Nonostante sia uscito solo in Australia, USA e Nuova Zelanda, il gioco sta infrangendo ogni record e ogni stima, e Forbes ci dice che si sta avviando a superare gli utenti attivi di Twitter. Alcuni dati: Pokemon Go è stato installato sul 5,6% dei device Android americani; il che vuol dire che è più diffuso di Tinder, al momento. Ecco il perché della frase che in questi giorni circola in America: “Pokemon is now more popoular than sex”.
Del resto per farvi un’idea date un’occhiata a quello che succede a Central Park in questo video visto su twitter: Pokemon GO is just insane right now. This is in Central Park. It’s basically been HQ for Pokemon GO. pic.twitter.com/3v2VfEHzNA — Jonathan Perez (@IGIhosT) July 11, 2016
Ma la rivoluzione ha una motivazione molto importante, e una faccia tutto sommato positiva: Pokemon Go è sostanzialmente il primo videogame ad ampia diffusione che ti obbliga a uscire di casa. Se resti chiuso tra le quattro mura della tua cameretta, non puoi partecipare. Se resti a casa, sei out. (Ora che ci penso potrebbe quasi essere il suo claim). La classica raffigurazione del giocatore chiuso per ore con la sua consolle, circondato da cibo malsano e afflitto da aria pesante e oscurità, subisce finalmente un duro colpo. Non male per una pallina che sembrava finita in soffitta. Un gioco di questo genere apre naturalmente nuove interessanti possibilità di comunicazione: piazzare un Pokemon davanti a uno store, in un centro commerciale, dentro un museo che volessimo far visitare a qualcuno. Oppure in una fontana, in una piazza, in un ristorante. Sta già accadendo. Esistono molti bar che offrono caffè scontati ai giocatori che si avvicinino in cerca dei piccoli mostri. E ovviamente l’hashtag #DontPokemonGoAndDrive è stato già coniato, per prevenire incidenti dovuti a chi guida cercando di catturare un Pokemon. In Wyoming una ragazza che inseguiva un Pokemon ha scoperto un cadavere in un lago, e nel Missouri sono stati arrestati quattro malviventi che attiravano giocatori nei Poke Stop. Tutti segni che il gioco ce l’ha fatta.
Al festival di Cannes delle idee, lo scorso giugno, uno dei trends più gettonanti dell’anno era la VR, realtà virtuale per vivere esperienze vere ma finte, oppure finte ma vere. Ma questa è un’altra cosa. È la augmented reality che da anni veniva proposta in tutte le salse, ma non sfondava mai, se non tra i nerds e gli addetti ai lavori. Ce l’hanno fatta i Pokemon.
E le agenzie pubblicitarie di tutto il mondo saranno già all’opera (sicuro al 100%) per cercare la nuova big idea basata sui Pokemon Go, per il bene dei clienti e per arricchire il proprio medagliere in qualche festival. Del resto, qualunque sia l’argomento, il grido è sempre lo stesso: “gotta catch ’em all!”.
E adesso a noi vecchi Nintendisti non resta che aspettare il giorno in cui, per strada, verremo superati dal kart di SuperMario. Ma abbiamo già pronto il guscio rosso.