E allora, cos’altro occorre aspettare in Europa per fare l’Europa? Ci volle la carneficina della Seconda Guerra per convincere i nostri padri a sotterrare l’ascia plurimillenaria della guerra civile europea e iniziare un esperimento, quello delle Comunità poi trasformate in Unione, che in poco più di 60 anni avrebbe portato il vecchio continente al premio Nobel per la Pace. Potrà questo vigliacco terrorismo di matrice islamista spingere i governi e i popoli europei a saltare il fosso della titubanza, per andare rapidamente e decisamente alla vera profonda Unione?
Cos’altro serve a convincere che è finito il tempo dell’attesa, che quest’Europa, così com’è, risulta fragile ed è sotto la continua minaccia di chiunque voglia attaccarla?
L’Europa è oggi un Giano bifronte che non vede, perché ha smarrito il senso della realtà. Con una faccia rimira il passato di nazionalismi e patrie, ormai fuori dalla storia. Con l’altra è dentro un inverosimile luogo di pace e benessere quando il vero mondo nel quale si trova è un posto estremamente pericoloso che va affrontato con i ferri del mestiere: la politica, i soldi, le armi.
Sono ferri che l’Europa ha messo in cantina da decenni, pensando che la pace e il benessere, realizzati all’interno delle sue frontiere, fossero un bene universale da poter condividere impunemente con altri. L’evidenza dice che le cose non stanno così. Quei ferri, la politica i soldi le armi, nel pericoloso mondo odierno sono indispensabili per sopravvivere, e i paesi europei potranno utilizzarli in modo giusto ed efficace solo quando si federeranno negli Stati Uniti d’Europa.
Possibile che non capiscano queste capitali ricche di storia e di cultura, di ricchezze umane ed economiche immense, le Londra Parigi Berlino Roma Madrid Varsavia, che sono sotto tiro? Che magli micidiali come la crisi finanziaria, la pressione dei chiedenti asilo alle frontiere meridionali, il reiterato e beffardo attacco del terrorismo nelle capitali, si abbattono ormai con sin troppa regolarità su quel po’ di Unione rimasta, perché vogliono evidentemente distruggerla e così annichilire l’Europa nell’irrilevanza definitiva?
Chi ha messo stamattina alle 9,30 l’ordigno alla stazione metro di Maelbeek che serve, con Schuman, la zona dove hanno sede gli uffici di Parlamento Commissione e Consiglio europei, ha con evidenza voluto aggredire le istituzioni democratiche di un’Europa che, primo caso nella storia umana, sta costruendo dal basso e pacificamente un’unione tra popoli diversi che cercano pace e giustizia.
E’ irritante il balbettio dei nostri capi di stato e di governo, in queste ore orribili che fanno seguito all’aggressione contro la capitale delle istituzioni comuni. Battono il tasto delle misure nazionali, della sicurezza nazionale, e non capiscono che solo rafforzando le istituzioni comuni gli europei potranno vincere la guerra al terrorismo islamista.
Plantu su Le Monde fa piangere, abbracciati, due figurine, un francese e un belga, vestiti con i colori delle bandiere nazionali. Sbaglia: i morti sono europei caduti prima in Francia oggi in Belgio. Quando Mitterrand e Kohl si abbracciarono a Verdun vollero dire ai popoli: i nostri morti sono ora europei, non appartengono più alle patrie di origine!
Purtroppo, se non ci daremo velocemente un’autentica politica comune di sicurezza, troppi altri europei dovranno ancora abbracciarsi e piangere i loro morti di terrorismo.